L’atmosfera che si respirava al Centrale del Tennis durante l’afosa serata del 5 luglio non sembrava proprio ricordare quella che, due anni prima, poche centinaia di spettatori avevano vissuto in quel di Valle Giulia. Durante il lasso di tempo che divide le due performance romane, la popolarità della band americana è indubbiamente lievitata, complice la considerevole esposizione mediatica che ha visto la formazione svettare sulle copertine della stampa specializzata e sugli schermi dell’avida e intraprendente MTV. Nel mentre, Black Rebel Motorcycle Club ha realizzato, ormai circa un anno fa, una più che rispettabile seconda release che, prossima in diversi pezzi a sonorità punk rock, ha avvicinato alla band un nutrito seguito di fan sulla scia dell’esplosione della feconda scena neo garage. Per farla breve, al Centrale era presente un pubblico più consistente rispetto a due anni fa ma nello stesso tempo più casuale (non scordiamoci che lo show – sotto l’egida della più popolare emittente musicale esistente – era completamente gratuito…) e sicuramente più distratto e intento a praticare vita sociale a zonzo per la struttura sportiva. Non proprio quello che accadeva durante il concerto dell’estate del 2002 dominato da un audience più intima e attenta alle note.
Nonostante ciò, abbiamo potuto assistere ad un live godibilissimo. Si parte in maniera inconsueta, con due ballate chitarra e voce “country oriented” che spiazzano gli spettatori nell’impaziente attesa di sussulti elettrici. Che non tardano ad arrivare e a scaldare gli animi con il terzo brano in scaletta: “Ha Ha High Baby” evolve progressivamente in una fitta coltre di feedback che farebbe onore ai fratelli Reid. Si prosegue ripercorrendo buona parte del repertorio, alternando episodi dalle fattezze più dilatate (“Love burns”, “Salvation”, “Shade of Blue”) a brani dominati da arroganti tinte rock’n’roll su cui primeggiano l’esplosivo anthem “Whatever happened to My Rock’n’Roll…”, il martellante garage di “Spread your Love” e le ruvide chitarre di “Six Barrel Shotgun”. L’esecuzione dei pezzi è particolarmente fedele all’incisione originale in alcuni momenti (“Stop”) mentre in altri frangenti non nasconde le asprezze sonore e i connotati fuzz che rendono il live più “credibile”.
L’adrenalinico galoppo elettrico di “Save Me” conclude degnamente la perfomance, dopo quasi un’ora e mezza, sotto gli applausi del pubblico da subito intimato ad abbandonare la location. In molti sarebbero tornati solo due giorni dopo per assistere agli show di The Rapture e Belle&Sebastian.
Nicola Casalino (jimmythemod@libero.it)