Bentrovati. Claudio Orlandi, voce dei Pane, ci ha rilasciato questa piacevole intervista. Insieme a lui siamo andati a scrutare l’ orizzonte di una band particolare e intima. Un progetto che tende verso linee melodiche e profonde, pronto per qualcosa in più.
I Pane sono una band, cinque musicisti, con un approccio alla musica intimo e poetico. Quando nasce il vostro progetto?
Nei primi anni Novanta io e Maurizio (pianoforte) ci siamo incontrati e abbiamo inaugurato un’amicizia musicale, successivamente con Vito (chitarra) il gruppo ha preso una forma più definita e abbiamo iniziato a delineare i primi tratti distintivi del Pane: l’acustica, la centralità e il potenziale evocativo della parola, la musica come spazio scenico e sonoro ecc.. Con l’entrata nel gruppo prima di Claudio Madaudo (flauto traverso) poi di Ivan (batteria) quei tratti hanno trovato modo di esaltarsi creando a loro volta nuovi possibili sviluppi per la musicalità del gruppo.
“Tutta la Dolcezza ai Vermi”, il vostro ultimo lavoro, sa di liriche ricercate, per nulla trite e scontate. Da dove prende il via la vostra musica “acustica da camera” ?
Da sempre affascinato dal potere evocativo delle parole, ne subisco il fascino e il ricatto. Le tratto con rispetto, non ne abuso, mi limito a tratteggiare dei labili confini che possono all’occorrenza farsi fossi insormontabili. La musica prende il via da piccole visioni, momenti, stati d’animo, riflessioni di gruppo sul vivere quotidiano…dal mondo che ci circonda.
I Pane sembrano muoversi tra un certo cantautorato e la personale interpretazione dello stesso. Dov’ è il compromesso?
Siamo convinti che molta della nostra musica sia sinceramente influenzata dalla nostra memoria “storica” e “poetica”, nonché dalla natura molto eterogenea dei bagagli musicali che ognuno di noi porta con sè. In ogni caso le nostre incursioni nella canzone d’autore e cantautoriale hanno l’audacia e la pretesa di forzarne i “confini”, per ridefinirli e allo stesso tempo confermarli.
La vostra musica sa, appunto, di cantautorato italiano e i testi approdano a scritture migranti e a poeti unici della letteratura internazionale. E’ così?
Come detto la parola e le sue possibilità sono una parte importante del nostro lavoro. Se mi capita – e lo spero fortemente – di imbattermi in un testo che mi trafigge cerchiamo la via per dargli volume, farlo lievitare dalla carta e portarlo ad una nuova dimensione. Così è accaduto per Osip Mandelstam, Silvia Plath, Antonio Porta, Beckett, Camus… Non si tratta di musicare la parola scritta, come se si mettesse un tappeto sotto un bel tavolino o una copertina sopra al letto, si tratta di entrare nel sistema cromosomico del testo e da questo far erompere la sua stessa natura sonora, è un processo che non inventiamo noi, è già nel testo, a noi il compito di rivelarlo per quello che è. Troppo presuntuoso?
Cosa intendete esprimere nelle vostre composizioni musicali?
Una sintesi di armonia, bellezza e forza.
Come si pone il Progetto Pane rispetto al pubblico e viceversa?
Con naturalezza.
Cosa ne pensate di tutto il sistema musicale italiano? Dal M.E.I. a Sanremo, dai locali (in cui non è sempre facile suonare), ai musicisti, per finire con le case discografiche?
Caro Emiliano un domandone… Tutto il sistema musicale italiano? Non lo conosco tutto e non mi interessa… Il MEI: è un luogo per incontrare amici e addetti ai lavori, presentare i propri progetti, nell’insieme una buona occasione di scambio promozionale. Sanremo: il modo più veloce per farsi ascoltare da milioni di persone. Siamo sempre nell’ambito della promozione, ed è naturale che sia gestito da chi si occupa di questo. I locali: ricordarsi sempre che i locali hanno una priorità: rimanere aperti. I musicisti: hanno un compito: saper suonare. Le case discografiche: ce ne sono poche, pochissime e sono disprezzate dagli emergenti fin quando non li prendono in considerazione. Le altre, le pseudo case discografiche sono nella migliore delle ipotesi delle agenzie che usano qualche contatto in cambio di denaro.
Sembrate essere un progetto che lascia poco spazio al compromesso e nettamente diretto verso una meta ben definita. Dalla vostra musica trapela una sicurezza nell’espressività. Dove andate?
Dove ci portano le nostre gambe. Fin’ora abbiamo sempre seguito il nostro istinto musicale, cercando di evitare le inutili pozzanghere, le paludi e tutto ciò che sapesse di posticcio o cartonato accettando il rischio di rimanere fuori da certi giri.. speriamo di continuare per questa via.
Qual è la canzone dei Pane che vi rappresenta di più e… quella, di un altro autore, che avreste voluto scrivere voi?
Alcuni brani sono stati molto significativi in certi momenti del passato, penso a Termini Haus presente nel disco “Pane” del 2003. Al momento “Testamento” è un brano che riteniamo davvero ben riuscito. Personalmente considero “Annarella” dei CSI uno dei migliori brani scritti in Italia negli ultimi decenni, un testo straordinario…
Dove ci incontreremo prossimamente?
Spero per strada…gli incontri casuali sono sempre i migliori. In concerto saremo alla Locanda Atlantide di Roma giovedì 19 febbraio, il 4 aprile a LoopCaffè di Perugia e il 18 aprile al Materia Off di Parma.
(Emiliano De Carolis)
Per saperne di più: www.myspace.com/progettopane – www.progettopane.org