L’opera di Stefano Giorgianni (edita da Tsunami) che ci accingiamo a recensire è una interessantissima dissertazione sulle influenze che J.R.R. Tolkien, celebre autore della saga della Terra di Mezzo (Lo Hobbit, Il Signore degli Anelli, Il Silmarillion), ha esercitato sulla musica contemporanea e, in particolar modo, sul genere heavy metal; si tratta di una ricostruzione meticolosa e certosina, che non mancherà di incuriosire sia i cultori del Metal che i curiosi, compresi coloro che – come qui scrive – partono da una grande passione per il fantasy e hanno così l’occasione di coglierne i legami con le sonorità più moderne, dagli anni ’60 ad oggi.
Nella maggior parte dei casi, i legami tra Tolkien e i gruppi sono puramente formali: i libri del Professore si limitano ad ispirare i nomi delle band oppure i titoli delle canzoni; in altri casi, invece, il debito che i testi delle lyrics e i timbri musicali hanno nei confronti dello scrittore inglese sono molto più evidenti. Va detto, inoltre, che non sempre l’ispirazione si muove nel solco dell’opera tolkieniana: in alcuni casi, infatti, i brani che vengono composti vanno ben al di là dei messaggi che il Signore degli Anelli aveva voluto trasmettere (e lo scrittore di Oxford probabilmente li avrebbe disapprovati, se fosse stato ancora in vita)
La prima parte di questo saggio evidenzia i legami fortissimi che si sono creati tra l’opera tolkieniana, la generazione hippie e il rock psichedelico; nonostante l’humus culturale dell’autore inglese fosse molto distante dai valori dei Figli dei Fiori, questi ultimi enfatizzarono le analogie tra la loro filosofia e i messaggi contenuti nel ciclo dell’Anello; molti gruppi appartenenti a quel periodo furono influenzati – più o meno consapevolmente – dalle storie di Tolkien: dai Grateful Dread ai Pink Floyd (almeno sino a quando Syd Barrett fece parte della band), per sfiorare addirittura i Beatles, i Queen e i Genesis.
Negli anni successivi sono i testi e le canzoni dei Led Zeppelin ad essere ‘permeati’ dalle fantasie tolkieniane; lo scrittore inglese influenza anche il c.d. Christian rock, la filk music (la musica folk ispirata al fantasy), sino ad arrivare ai Black Sabbath: con loro cominciamo ad entrare nel vero e proprio mondo del Metal e all’era della New Wave Of British Heavy Metal (NWOBHM).
Il termine heavy metal, partorito dalla fantasia dello scrittore W.S. Burroughs nell’ambito della temperie della beat generation, evoca nell’immaginario collettivo “scienza, letteratura, il fragore delle motociclette […], la controcultura, le droghe: tali dettagli fanno tutti parte del seme da cui la musica ha avuto origine ed è esplosa in pochissimo tempo”.
Le contaminazioni tra l’opera di Tolkien e il metal (nei suoi sottogeneri epic, doom e thrash) negli anni ’80 sono molteplici; ma è nel decennio successivo che avviene l’esplosione del black metal che si ispira al lato più oscuro del mondo tolkieniano: quello che evoca Mordor e i Signori del Male; quello che porta con sé il lato più inquietante del Metal, con le sue venature pagane, sataniche e nichiliste, sotto l’ombra di simboli blasfemi; quello che a volte strizza l’occhio a fantasie National Socialist (tipica, in tal senso, è la figura ‘maledetta’ del norvegese Varg Vikernes, leader dei Burzum, finito in carcere per l’assassinio di uno dei membri della sua band).
Ma è con il gruppo austriaco dei Summoning che prende vita un genere musicale che si ispira direttamente, in modo praticamente esclusivo, alle atmosfere e alle liriche della Terra di Mezzo: siamo giunti così al puro Tolkien Black Metal, che troverà epigoni ed imitatori in tutto il mondo (e versioni alternative nei vari sottogeneri viking, pagan e folk).
Contemporaneamente, tra la fine degli anni ’80 e lungo gli anni ’90, si andò a creare un genere che può definirsi come l’antitesi della versione estrema rappresentata dal Black: è una variante che pone al centro la melodia e i richiami allo stile dei Metal classico. Nascono così i Blind Guardian, un gruppo tedesco la cui storia è legata a doppio filo con l’autore inglese: molti degli album partoriti da questo gruppo devono molto alle storie di Tolkien: non solo il classico The Bard’s Song (In The Forest), ma anche il monumentale Nightfall in Middle-Earth, che ripercorre fedelmente tutte le vicende narrate nel Silmarillion. Da questa band prendono ispirazione altri artisti che danno vita a sottogeneri ispirati al fantastico, tra cui il power e il fantasy metal (come i finlandesi Battlelore).
Il libro è una vera e propria summa dei gruppi musicali che si sono ispirati all’opera di J.R.R. Tolkien; come tutte le opere che si pongono l’obiettivo di essere ‘enciclopediche’, viene spesso privilegiata la completezza delle informazioni rispetto alla scorrevolezza della lettura (non sempre agevole). È sicuramente un must per gli appassionati di questo genere musicale; per i curiosi può essere l’occasione per (ri)scoprire alcuni tesori musicali e letterari. È inoltre sicuramente prevedibile che, al termine della lettura di questo saggio, molti appassionati di musica si avvicineranno al fantasy e che i cultori della letteratura fantastica – come chi qui scrive – saranno tentati dall’ascolto della musica metal: e questo effetto, inteso come strumento di diffusione della cultura, non può che considerarsi positivo.
Daniele Bello