Sui lungosenna e nei locali di Parigi sta da tempo prendendo vita un progetto che offre a tanti musicisti la possibilità di fare musica itinerante. Olivier e Dive ci hanno raccontato qualcosa di più del loro ammirevole progetto. Keep on reading.
Com’è nato il progetto JamBus Experience?
Olivier: Tutto è cominciato l’estate del 2012 sul lungosenna di Parigi dove ho incontrato tanti musicisti, tra cui Dive, e insieme suonavamo tutte le sere. Quando le temperature hanno cominciato a calare ho trovato un bar a Saint-Michel che ci ha permesso di organizzare una jam tutti i giovedì per mantenere questa atmosfera speciale dei quais de Seine tutto l’anno. Col tempo si è creata una comunità di artisti ed un pubblico fedele sempre più numeroso. Dive invece stava lavorando al suo progetto Jet’Zik per cui voleva comprare e rinnovare un bus da trasformare in jam session ambulante. Gli obiettivi principali sono quindi permettere alla nostra comunità di artisti indipendenti di trovare un pubblico sempre nuovo attraverso l’Europa, tessere una rete di partnership con altri artisti per condividere i locali delle loro città ed invitarli a Parigi anche per mostrargli l’immagine di una città culla di creatività, di scambio e di apertura culturale. Speriamo che Jambus offrirà sia agli artisti che al pubblico un nuovo modo di viaggiare e vivere un’esperienza unica.
Dive: Con JamBus vorrei dimostrare alla gente che si può viaggiare con i trasporti in comune senza che il tragitto sia sgradevole. Poi penso che passare del tempo con gli altri sia sempre occasione di arricchimento e, con un sottofondo musicale, anche di felicità.
Presentateci la famiglia JamBus, le varie radici ed influenze musicali che circolano tra voi.
O: Il panorama è molto variegato perché siamo più di una trentina di artisti e ognuno ha le sue influenze. Troviamo rock, blues, soul, funk, reggae, world music, rap, hip-hop e anche del pop.
D: Non dimentichiamoci della musica africana, che racchiude lei stessa delle culture musicali differenti.
Dove preferite suonare?
D: Nel nostro gruppo ci sono anche ballerini e foot freestylers quindi suoniamo sia per le strade che nei locali e nei festival.
O: Suoniamo regolarmente nei grandi locali di Parigi come il Bus Palladium, il China o l’International, che hanno un pubblico ognuno molto diverso a seconda delle serate che ospitano. Facciamo jam session ogni martedì e giovedì; il giovedì è la serata “storica” al Carré Saint-Michel che ha un pubblico che non esita a mettersi a proprio agio e cantare e ballare con gli artisti (come volevamo dagli inizi sul lungosenna). La serata del martedì è al Nul Bar Ailleurs (quartiere Bastille), l’abbiamo creata per dare modo agli artisti amatoriali del pubblico di imparare dagli artisti più bravi e creare nuove canzoni insieme. Chiaramente quando il clima lo permette continuiamo a suonare sul lungosenna, è lì che tutto è cominciato.
State per registrare il vostro primo CD: sarà una registrazione live o in studio? Indipendentemente da ciò: lo registrerete con un’etichetta indipendente o tramite altri mezzi come il crowfunding o una classica autoproduzione?
O: Tra i nostri artisti abbiamo diversi fonici esperti che hanno registrato una nostra live jam e si sono occupati di missaggio e mastering. Abbiamo preferito autoprodurre il CD perché tutto è stato fatto da e per l’associazione in modo che i ricavi del disco servano a finanziare l’acquisto e il rinnovamento del bus. Comunque contiamo di lanciare un crowfunding nel 2016 per raccogliere i soldi che ci mancheranno per il bus.
D: Questa registrazione mostrerà anche al pubblico quello che siamo in grado di fare, senza trucchi o correzioni. Abbiamo voluto ricreare lo spirito della jam senza deformarne la natura per mantenere la sua originalità.
Quali sono i princìpi ed i valori essenziali secondo JamBus per vivere la musica?
O: La semplicità. Per noi tutto parte da lì. La musica, anche se certamente richiede molto lavoro, deve rimanere semplice e spontanea. Ho visto molti artisti cambiare per firmare con una casa discografica o per accontentare pubblico e produttori. Quasi sempre questi artisti si sono persi e hanno finito per gettare la spugna. La semplicità evita di perdersi nelle trasformazioni che la major impone all’artista per farlo diventare una star-prodotto bancario e renderlo più apprezzabile dai grandi pubblici. È nella sua unicità che un artista diventa interessante.
Oggi viviamo in un periodo in cui internet è sempre più il protagonista della comunicazione e della diffusione delle informazioni anche nel campo della musica. Che cosa pensate dei social network come mezzi di espressione e diffusione per la musica e per gli artisti?
O: Sono l’accesso diretto al pubblico quindi permettono di emanciparsi dal controllo di una major o dei produttori, e già solo per questo non possono che essere degli strumenti formidabili che hanno democratizzato l’accesso e la diffusione della musica. È anche vero però che alcuni artisti possono perdersi e ritrovarsi “prigionieri” delle attenzioni dei loro fan o della ricerca costante del “mi piace”, quindi è importante restare semplici e fedeli a se stessi.
Pensate che nel vostro caso i social network come Facebook e Twitter possano aiutarvi a farvi conoscere dal pubblico oppure trovate più utili e dirette le jam?
O: È tutto collegato. I social network permettono di promuovere gli eventi e gli artisti e allo stesso tempo di mantenere i contatti col pubblico incontrato nei concerti. Questo permette anche di diffondere dei video e delle canzoni a scala maggiore grazie alla condivisione delle persone che ci conoscono durante i live e che invitano i loro amici a guardare i video o a venire alle nostre serate.
E cosa pensate delle nuove piattaforme di streaming musicale per condividere le canzoni con un pubblico più vasto e non necessariamente localizzato a Parigi?
O: Tutte le piattaforme sono positive, anche se bisogna fare delle scelte e magari concentrarsi su una piattaforma piuttosto che un’altra per non ritrovarsi con degli ascolti troppo vicini allo zero.
Se da un lato viviamo nell’epoca di massimo sviluppo di internet, dall’altro lato c’è paradossalmente un ritorno ai dischi in vinile. Pensate che sia meglio da un punto di vista musicale oppure si tratta semplicemente di una moda?
O: Un po’ entrambe le cose ma il vinile esiste da molto più tempo prima, appartiene ad un’epoca dove la qualità era più importante della quantità. Oggi come oggi viviamo nell’era del business, della rapidità e quindi della compressione…Si perdono tantissime sfumature del suono con la compressione e i formati digitali non permettono di avere lo stesso comfort di ascolto del vinile quindi il bisogno del ritorno al vinile è reale. Spero che in futuro la tecnologia permetterà di avere la stessa qualità del vinile restando nei limiti di dimensione dei file musicali.
Come immaginate il vostro concerto ideale?
O: Sarebbe un momento di comunione totale con il pubblico, dove ci si senta in perfetta osmosi durante tutto il concerto. È una cosa che capita molto spesso ma è veramente raro che duri per l’intero concerto.
Avete fatto dei concerti speciali quest’estate ?
O: Quest’estate è stata molto speciale perché è stata la prima tournée europea di JamBus. Abbiamo organizzato delle jam in 10 città per promuovere 6 artisti Jambus e trovarne altri 6 da invitare a Parigi per una grande jam il prossimo novembre. Oltre a Parigi siamo stati a: Bruxelles, Amsterdam, Berlino, Praga, Cracovia, Budapest, Bratislava, Vienna e Basilea.
Abbiamo fatto il viaggio in un mini-van grazie al nostro sponsor, un sito per imparare le lingue che ha coperto la maggior parte delle nostre spese.
Cosa possiamo fare dall’Italia per aiutare JamBus Experience a crescere anche fuori Parigi?
O: Potete condividere i video dei nostri artisti e mandare degli artisti italiani da noi a Parigi. Comunque dato che dall’anno prossimo avremo il JamBus, tutta l’Italia farà parte delle nostre prime tappe quindi ci vedremo presto!
Olivier Domengie: Vicepresidente e direttore artistico – Dive Da Costa: Presidente
Quindi se passate da Parigi, fate un salto a Saint-Mich il giovedì sera, ma se ci andate
d’estate cercate i jammers sul lungosenna e non ve ne pentirete.
JAMBUS EXPERIENCE
Musique itinérante dans le coeur de Paris
Sur les quais de Seine et dans les bars de Paris il est en train de naître un projet qui offre à beaucoup de musiciens la possibilité de jouer de la musique ensemble. Olivier et Dive nous ont réconté quelque chose en plus de leur projet admirable. Keep on reading.
Comment est né le projet JamBus Experience et quels sont ses buts principaux?
Olivier: Tout a commencé il y a 3 ans sur les quais de Seine pendant un été où il a fait – bizarrement – très beau à Paris. Ici j’ai rencontré beaucoup de musiciens, dont Dive, et l’on jammait ensemble toutes les nuits. Ensuite, lorsque les températures ont chuté, j’ai trouvé un bar à Saint-Michel qui nous a permis d’organiser une scène ouverte tous les jeudi en gardant cette ambiance particulière des quais toute l’année. Progressivement, cela a fédéré une communauté d’artistes talentueux, mais aussi un public fidèle de plus en plus nombreux. De son côté, Dive préparait son projet Jet’Zik qui avait pour objectif d’acheter et rénover un bus à transformer en jam session ambulante. C’est la fusion de nos 2 projets qui a créé Jambus : entre mon envie de transporter les jams et leurs artistes dans d’autres villes et celle de Dive qui portait l’idée du bus. Les buts principaux sont donc de permettre à notre communauté d’artistes indépendants d’avoir accès à de nouveaux publics à travers la France et l’Europe, y tisser un réseau de partenaires avec qui partager les scènes locales dans leur ville et les inviter à Paris, et montrer ainsi l’image d’une ville porteuse de créativité, d’échange et d’ouverture culturelle. On espère également que le Jambus offrira aussi bien aux artistes qu’au public une nouvelle manière de voyager et vivre ainsi une expérience unique.
Dive: Cette expérience unique n’est pas destinée seulement aux musiciens mais à toutes personnes ayant envie de laisser leurs voitures à la maison, pour se joindre à notre communauté festive qui transformera les petits comme les longs voyages en de vrais moments de détente et de joie.
J’espère aussi démontrer aux personnes qu’on peut faire des voyages en transport en commun sans que le trajet ne soit désagréable. Au contraire, j’estime que passer du temps avec les autres, peut toujours être occasion d’enrichissement et, avec un fond musical, de bonheur.
Présentez-nous la famille JamBus, les différentes racines et influences musicales qui circulent parmi vous tous.
O: C’est très varié car on compte sur plus d’une trentaine d’artistes et chacun a son univers et ses influences. On trouve aussi bien du rock et du blues que de la soul, du funk, du reggae, de la world music, du rap, du hip-hop et même de la pop.
D: sans oublier l’Africain music ! Qui représente juste en elle-même différentes cultures musicales.
Quels sont les lieux principaux où vous jouez et quel type de public y a-t-il?
D: Notre collectif est composé aussi bien de chanteurs que de musiciens, de danseurs ou même par de foot freestylers. Ils jouent donc aussi bien dans la rue que dans des salles de spectacle, des bars, des festivals… On peut aussi les voir dans des clips musicaux, des publicités, ou dans des émissions télé comme Incroyable Talent, Nouvelle Star ou You can dance.
O: Et pour ce qui est des concerts live, nos artistes jouent régulièrement dans les grands bars à concerts ou restaurants reconnus à Paris comme Le Bus Palladium, Le China ou L’International, qui ont chacun des publics très différents en fonction des soirées qui s’y déroulent. Les jams se passent elles désormais chaque mardi et jeudi, avec deux lieux et donc deux ambiances différentes. Le jeudi, c’est la jam « historique » du Carré Saint-Michel depuis 3 ans, avec un public sensible à la musique live, qui n’hésite pas à mettre l’ambiance, chanter et danser avec les artistes, à l’image de ce qu’on aimait au départ sur les quais de Seine. Il y a aussi beaucoup de musiciens et chanteurs amateurs dans le public, et c’est pourquoi j’ai créé la jam du mardi depuis 1 an, au Nul Bar Ailleurs, à Bastille. C’est une ambiance plus détendue où tout le monde peut jouer et chanter autour d’une grande table. Parfois, les artistes du jeudi viennent aussi le mardi et donnent quelques conseils aux amateurs qui veulent progresser et cela devient presque un atelier, ou un laboratoire pour tester des nouvelles chansons. Et bien sûr, on joue également souvent sur les quais de Seine, car c’est là que tout a commencé et c’est souvent là que nous finissons nos soirées lorsque le temps le permet.
Vous allez enregistrer votre premier CD : s’agira-t-il d’un enregistrement d’une jam ou bien un enregistrement en studio ? Abstraction faite de cela : vous allez l’enregistrer avec un label indépendant ou bien par d’autres biais comme par exemple le crowfounding plutôt qu’une autoproduction classique?
O: Parmi nos artistes, nous avons plusieurs ingénieurs du son talentueux donc nous avons pu faire une captation vidéo et audio d’une jam en live. C’est eux également qui gèrent en ce moment même le mixage et le mastering. On a préféré autoproduire ce CD donc il n’y a donc pas de crowdfunding pour cette étape car tout est fait par et pour l’association afin que toutes les recettes du CD servent à financer l’achat et la rénovation du bus. Par contre, nous comptons lancer un crowdfunding en 2016 pour récolter l’argent qui nous manquera pour acheter et rénover le bus.
D: Cette captation vidéo et audio d’une jam en live nous permettra aussi de montrer au public ce que nous savons faire, sans truquages ou tricheries. On a voulu recréer l’esprit de la jam, sans en déformer la nature, pour garder son originalité.
Quels sont les principes et les valeurs essentielles selon JamBus pour bien vivre et jouer la musique?
O: La simplicité. Pour nous, tout part de là. La musique, même si elle demande bien sûr beaucoup de travail, doit rester simple et spontanée. C’est comme cela qu’on trouve et qu’on développe sa personnalité artistique et qu’on devient ainsi un artiste avec un univers unique. J’ai vu beaucoup d’artistes changer ou se « travestir » parce qu’ils cherchaient à signer avec une maison de disque ou parce qu’ils essayaient de faire ce qu’ils croyaient que le public ou les producteurs attendaient d’eux. Ces artistes se sont le plus souvent perdus et ont fini par abandonner. Alors qu’aujourd’hui, avec internet, l’autoproduction, la collaboration entre différents réseaux d’artistes indépendants, on peut vivre de la musique en se passant d’une signature dans une maison de disque mainstream. Cela évite donc de se perdre dans les multiples transformations qu’une major fait subir à un artiste pour qu’il devienne un produit star bankable, car le plus souvent, c’est fait en le rendant le plus lisse possible pour être accessible au plus grand nombre. Alors que c’est au contraire dans son unicité qu’un artiste devient intéressant.
Aujourd’hui on vit dans une période où l’Internet est de plus en plus le protagoniste de la communication et de la diffusion des informations dans tous les domaines d’activité, donc dans la musique aussi. Que pensez-vous des réseaux sociaux comme moyens de diffusion pour la musique et pour les artistes ?
O: C’est l’accès direct au public, donc cela permet comme de s’émanciper du contrôle d’une major ou de producteurs, donc c’est forcément une bonne chose et un outil formidable qui a démocratisé l’accès et la diffusion de la musique. Mais il y a aussi des effets pervers car certains artistes peuvent se perdre complètement à cause de ce contact direct avec le public et se retrouver prisonnier des attentes de leurs « fans » ou de la recherche permanente du « buzz », donc il faut savoir rester fidèle à soi même et rester simple. Par ailleurs, même si on s’émancipe des majors, on a vu l’apparition de nouveaux géants via l’industrie musicale numérique et il y a encore beaucoup de progrès à faire dans la redistribution des revenus des vidéos et des sons.
Pensez-vous que dans votre cas les réseaux sociaux comme Facebook et Twitter puissent vous aider à vous faire connaitre au public ou bien vous croyez que les jams sont plus directes et utiles?
O: Tout est lié. Les réseaux sociaux permettent de promouvoir les évènements et les artistes, et même de garder contact avec le public rencontré lors de concerts. Cela permet aussi de diffuser des vidéos et du son à plus grande échelle en bénéficiant des partages de gens qui nous ont découvert en live et qui invitent leurs amis à regarder nos vidéos ou à venir à nos évènements. Mais le virtuel devient vite frustrant et tout le monde a besoin ensuite de voir en live les artistes qu’il apprécie. L’exemple le plus fréquent, c’est les commentaires Facebook ou Youtube de type « Super la vidéo, mais quand est-ce que vous venez dans le sud ? ».
Et qu’est-ce que vous pensez des nouvelles plateformes de streaming musical pour partager les chansons avec un public plus vaste et pas forcement localisé à Paris?
O: Toute plateforme est bénéfique, même s’il faut faire des choix et se concentrer parfois sur une plateforme plutôt qu’une autre pour ne pas se retrouver avec des statistiques d’écoute trop proches de zéro. Mais c’est forcément une bonne chose et c’est aussi pour aller à la rencontre de ces publics non-parisiens que nous voulons disposer du JamBus.
Alors qu’on vit en plein développement Internet, on observe paradoxalement un retour aux disques vinyle. Trouvez-vous cela mieux d’un point de vue musical ou bien il s’agit tout simplement d’une mode?
O: Il y a des deux mais le vinyle était là bien avant, à une époque où la qualité primait sur la quantité. Aujourd’hui, on est dans l’ère de l’économie, de la rapidité et donc de la compression…On perd énormément de subtilités dans le son avec la compression et à l’heure actuelle, les formats sur internet ne permettent pas d’avoir le même confort d’écoute que le vinyle, donc le besoin du retour au vinyle est réel. Par contre, j’espère qu’on arrivera un jour au moment où la technologie permettra d’avoir la même qualité du vinyle tout en répondant aux contraintes de poids des fichiers musicaux.
Comment imaginez- vous votre concert idéal ?
O: Ce serait un moment de communion totale avec le public, où l’on se sent en parfaite osmose pendant tout le concert. Cela peut arriver assez fréquemment en fait, mais c’est assez rare que cela tienne pendant tout un concert. Au départ, il y a toujours un petit moment où l’artiste et le public s’apprivoisent progressivement, arrivant petit à petit vers cette osmose.
Est-ce que vous avez programmé des soirées/concerts spéciaux pour le prochain été?
O: Cet été sera en effet très spécial car il s’agira de la première tournée européenne des artistes JamBus. L’idée principale, c’est d’organiser des jams à travers l’Europe pour promouvoir 6 artistes Jambus mais aussi de trouver 6 artistes européens à inviter à Paris pour une grande jam européenne en novembre 2015.
Du 24 juillet au 10 août, nous allons donc passer par 10 pays : Paris, Bruxelles, Amsterdam, Berlin, Prague, Cracovie, Budapest, Bratislava, Vienne et Bale.
Comme nous n’avons pas encore le JamBus, nous allons faire cette tournée en van, aidé par un sponsor qui va couvrir la majorité de nos frais. Il s’agit d’un site d’apprentissages de langues qui compte plus de 500 000 utilisateurs par mois, Loecsen.com .
Qu’est-ce qu’on peut faire de l’Italie pour aider l’association JamBus Experience à réussir et grossir dehors de Paris aussi?
O: Vous pouvez partager les vidéos de nos artistes et nous envoyer des artistes italiens de talent à Paris! En tout cas, dès qu’on aura le JamBus en 2016, l’Italie toute entière fera partie de nos premières destinations donc on se verra bientôt 😉
Olivier Domengie : vice-président et directeur artistique – Dive Da Costa – président
Daniela Fabozzi