Beautiful Freaks 32 – Autunno 2009 – di Lorenzo Briotti (lorenzobriotti@yahoo.it)
Spesso parlando del Beat italiano degli anni ’60 si citano sempre i soliti due o tre nomi come l’Equipe 84, i Rokes o i Corvi, gruppi che sicuramente meritano attenzione ma è come se parlando dell’Inghilterra degli anni ’60 si parlasse sempre e solo di Beatles e Rolling Stones… a tale scopo nasce questo breve scritto, per offrire ai lettori di BF uno sguardo diverso sull’Italia musicale degli anni ’60. Ci inoltriamo al confine tra beat e psichedelia; per scoprire che anche in Italia esiste una piccola scena psichedelica.
Parlando di primi echi psichedelici italiani ci sono stati episodi interessanti, come il primo album delle Orme “Ad Gloriam”del 1968, considerato da Mojo uno degli album di psichedelia mondiale (quindi al di fuori dei confini dell’Inghilterra e degli USA) tra i più belli e probabilmente tra i più dimenticati. Le Orme gia dall’album dopo, passano a suonare una miscela tra pop e progressive che li renderà famosi in tutto il mondo. Ancora, potremmo citare Le Stelle di Mario Schifano, sorta di supergruppo sullo stile dei Velvet Underground, plasmati da Mario Schifano invece che da Andy Warhol di cui è facile, per chi non ne avesse mai sentito parlare, trovare una ricca documentazione in rete o nei negozi di dischi, dato che è stato recentemente ristampato il loro unico album “Dedicato A” del 1967.
Lo stesso discorso fatto per le Orme vale per il primo album del Balletto di Bronzo del 1970 “Sirio 2222”; un disco eccezionale di psichedelia, hard-rock e primo progressive (se non altro nella traccia che chiude l’album “Missione Sirio 2222”) che contiene il brano notissimo “Neve Calda”; anche questo gruppo, che proviene da Napoli, diventerà notissimo al pubblico del progressive italiano.
Tra i singoli, da citare quello dei romani Chetro & Co. con “Danza Della Sera (Suite in modo Psichedelico)”, uno tra i primi brani italiani a fondere sonorità psichedeliche ed orientali, molto di moda in quegli anni in Inghilterra; nel testo ci sono frasi che citano scritti di Pier Paolo Pasolini e l’utilizzo di vari strumenti tra cui una violaccia con 10 corde inventato da loro stessi.
Le Mani Pesanti invece, col singolo “Un Dio Al Neon” criticano il facile consumismo utilizzando pezzi delle pubblicità di carosello su una musica vagamente ipnotica.
I Fantom’s e Gli Astrali di Torino (probabilmente la comune provenienza non è un caso) rappresentano la parte del filone più sconosciuta, dato che come molte volte succede con i gruppi del finire degli anni ’60, sono stati scoperti e rivalutati soltanto molti anni dopo, in questo caso grazie alle ristampe della “Destination X” della metà degli anni ’90.
I Fantom’s pubblicano tra il ‘66 ed il ’69 una serie di singoli in bilico tra la psichedelia e il garage americano; grandi brani come “Le Insegne Pubblicitarie”, “Il Trionfo Del Diavolo”, “Katia”, “L’indossatrice” e “Il Treno” per finire la carriera con il singolo “Katia”,”Felicità Vuol Dire” in cui si cimentano nel pop psichedelico con ottimi risultati.
Gli Astrali non registrano nessun disco ma soltanto demo con cui mostrano di essere piuttosto avanti , almeno nella scelta delle cover: “Cado Su in Alto” è la versione italiana di “Eight Miles high” dei Byrds mentre, “Credi” è “Rari” degli Standells. Oltre alle cover, con il brano “Un Altro Viaggio Allucinogeno” gli Astrali provano come Le Stelle di Mario Schifano ad improvvisare una suite psichedelica.
La ristretta schiera di gruppi psichedelici italiani a cui possiamo aggiungere anche altri nomi come i Chewing Gum e i Templari si ferma qui perché nel frattempo è arrivato il progressive, ma questa è un’altra storia. Il mondo dei sixties riserva sempre delle gradevoli sorprese.