Qui da noi si respira questo vuoto, l’opprimente mancanza di uno standard nel mondo della produzione e del mercato musicale (digitale) al quale un numero sempre crescente di startup cerca di sopperire inventandone di sana pianta uno nuovo, o cercando di tradurre in digitalese, tal quale ma sei creativo comunque, lo standard di una volta. Ormai siamo tutti “concettualmente” d’accordo con quella pirateria musicale di metà anni 90 che tanto desiderava rompere i rapporti di potere che le famose major portavano stancamente avanti. E così, indebolite le major, si libera il mercato vero del mondo musicale, quello dove girano i soldi, non quello del sottobosco asfittico dal quale raschiare quelle due, tre briciole di gloria e soldi sperando di emergere o comunque di avere un riconoscimento.
Sounday entra in scivolata a gamba tesa su questo contesto.
Incontriamo presso la sede della LUISS di Roma il fondatore e CEO di Sounday, Giuseppe Ravello, per scoprire di più su questa piattaforma. Prima dell’incontro avevo letto dell’ambizioso progetto della società, che mira non solo al mondo della musica commerciale, ma anche all’indipendente, e ciò mi ha molto incuriosito circa il suo funzionamento. Cercando ulteriori info sul sito di Sounday mi accorgo che in se e per se è molto misterioso. Già solo per potersi fare un’idea di base o reperire informazioni su costi e modalità del servizio è richiesta l’iscrizione o l’accesso via Facebook. Navigando sul sito apprendo invece che Sounday si occupa a tutto tondo della vita musicale di un artista, dalla registrazione alla pubblicazione, o comunque fornisce aiuti settoriali anche a etichette e promoter. Sounday cerca senza mezzi termini di sviluppare un ecosistema del mondo della musica digitale (e non) del quale vuol esserne il rappresentante unico.
L’incontro alla LUISS con Ravetto è certamente l’occasione per saperne di più. Qui si delinea il profilo di un progetto veramente ambizioso, tanto da avere attirato l’interesse niente meno che del fondo finanziario Principia SRG, che ne investe una discreta sommetta. E in tempi di agenzie di rating che danno rating anche ai singoli brani musicali, se una finanziaria investe è indice che il gioco vale e questo per me conta più di mille like dagli utenti, cinicamente. Sommetta che viene quindi rigirata sul finire del 2013 per l’acquisto di Kiver Digital, un’agenzia di marketing che fra le tante cose si occupa da più di 10 anni di contenuti musicali digitali, e confluiscono in Sounday anche buona parte del pacchetto clienti dell’agenzia.
I numeri su cui Sounday costruisce le sue previsioni di successo non convincono completamente. Le abitudini di consumo di chi ascolta musica mostrano un aumento consistente della fruizione della musica in streaming, rispetto al download o addirittura al cd fisico, negli ultimi anni. L’imposizione di un nuovo canale, di un nuovo formato, deve poco a una scelta attiva del consumatore, i dati citati non dimostrano una preferenza di modalità d’ascolto. Il successo dello streaming con abbonamento (mensile o annuale), a danno del download a pagamento, deriva più dallo storico e consolidato utilizzo di mobile device in Italia, in particolare smartphone. L’analisi non dovrebbe prescindere da questo. Inoltre il sistema di pagamento in abbonamento per lo streaming potrebbe diventare la norma in futuro, ma allo stato attuale pagare una quota fissa per lo streaming suona più come una multa preventiva per il reato di ascolto musicale via web. Lo streaming sta incontrando sicuramente il favore degli utilizzatori italiani, ma non è escluso che possano improvvisamente migrare altrove.
Cosa offre Sounday? Il sistema di Sounday offre ai gruppi la possibilità di registrazione (anche su supporto fisico) e produzione del proprio album. Si caricano le tracce, si danno indicazioni sulla modalità di registrazione; successivamente il gruppo o l’etichetta saranno seguiti fino alla comunicazione sui social network, le piattaforme di video sharing e i mercati digitali dove poter vendere i propri album. Parlando di levette, quelle su cui Sounday agisce sembrano attinenti al personal branding di un artista e messa in vendita dei relativi album nelle piattaforme digitali, ma in quest’ultimo caso la proposta è l’invasione dei marketplace digitali più o meno coatta. L’acquisto modulare consente di scegliere la messa in vendita dell’album su di un pacchetto con pochi marketplace oppure su tutti quelli più famosi ed il rischio di risultare un semplice nome su di un enorme elenco telefonico [cit] è altissimo.
Sicuramente i servizi di promotion e placement sono la vetrina buona di Sounday: la startup cura la comunicazione e la vendita digitale dell’opera musicale, occupandosi di tutta la “burocrazia” che c’è dietro e mettendo a disposizione le proprie capacità di SEO e SMO, che saranno senz’altro utilissime a chi ha già le idee chiare su cosa farne e cerca una expertise solida per metterle in atto.
Il punto a sfavore è che la piattaforma non sfrutta il web come finestra per il mondo come si potrebbe ipotizzare ma sembrerebbe orientarsi forse troppo solo nel mercato italiano, giocando in casa ci sono meno rischi, ma da una startup con questi presupposti per certi versi unici in Italia mi sarei aspettato scelte più audaci.
Giuseppe Ravello è docente in un Master della LUISS, all’interno del corso sui music business e la realizzazione di nuovi modelli di business nel mondo musicale. Il master si prefigge di aiutare a creare nuove startup della musica digitale. Sembrerebbe interessante. Mi viene il dubbio che queste nuove startup che il master incoraggia, un giorno o l’altro e in un modo o nell’altro dovranno fare i conti con papà Sounday o forse ne diventeranno semplici estensioni volte a migliorare il servizio del “canale principale”, facendo sistema.
Sunday è una startup che riunisce accanto a sé presenti e futuri specialisti del business musicale. Esperti di economia e marketing, dunque, non necessariamente di musica. Al che domando a Ravello: può il mondo musicale essere guidato da un manager senza alcuna competenza musicale? Per chi scrive no, sarebbe paradossale. Sounday non esclude questa ipotesi, ragionando business-oriented, esplicitando un interesse verso la distribuzione più che al contenuto, chiarendo la natura dei loro servizi offerti.