Etichetta greca, nata nel 2007 a Patrasso come one-man label, diventata in questi anni un piccolo gruppo leader del settore indie in Grecia. Nel suo roster annovera piccole realtà come artisti ellenici più affermati specializzandosi in alt-rock e modern folk con testi in inglese mentre, attraverso la sottoetichetta Exostis, si focalizza su produzioni di vario genere con testi in greco. Dopo vari riconoscimenti in patria la Inner Ear ha cominciato a guardare oltre i confini per farsi conoscere attraverso internet ed esportare i propri artisti attraverso i social e i portali di ascolto in streaming e vendita album. Risponde alle nostre domande Maria Paroussi
Inner Ear nasce nel 2007 a Patrasso, Grecia. Siamo nel pieno dell’esplosione su scala internazionale dei social media, delle piattaforme per lo streaming, e della crisi dei negozi di dischi. Dopo l’iniziale percezione apocalittica del medium digitale, considerato come la distruzione del mercato del disco fisico e di un’intera cultura ad esso legata, si assiste oggi una maggiore apertura. In base alla vostra esperienza, come può un’etichetta discografica beneficiare del medium digitale e della Rete? Prevedete o auspicate evoluzioni future?
INNER EAR: Il medium digitale e la rete hanno contribuito a diminuire le distanze e aiutato la musica ad arrivare in ogni casa e a diffondersi in giro per il mondo. Ogni giorno carichiamo la nostra musica su Bandcamp in modo che possa essere ascoltata in streaming ovunque e senza dubbio questi social media hanno dato un potenziale senza limiti alla promozione di un artista e la sua musica; un ascoltatore giapponese può ora scoprire un gruppo greco, italiano e così via.
Fino a qualche anno fa tutto ciò avrebbe preso molto tempo, con dispendio di denaro e avrebbe richiesto una particolare strategia per rendere disponibile una release all’estero. Naturalmente questa evoluzione ha portato i suoi naturali svantaggi come il fatto che ora c’è troppa musica disponibile rispetto a quanto ascolterà un fruitore medio. Chi è quindi l’ascoltatore, ci chiediamo. Le persone sono ogni giorno più occupate a fare altro e sfortunatamente la musica gioca un ruolo secondario nella loro vita…
La promozione sul web si avvale spesso dello streaming gratuito. L’ascoltatore in questo modo ha la possibilità di valutare il disco in mp3 prima di acquistarlo.
Perché comprare un disco fisico avendo la possibilità di ascoltare il disco gratuitamente in digitale? La possibilità di migliorare la qualità dell’ascolto acquistando il supporto fisico è un fattore determinante nella scelta?
INNER EAR: Le persone che continuano a comprare dischi sono attaccate al formato fisico in una maniera molto stretta. Molti di loro sono collezionisti e prestano molta attenzione al packaging, alle informazioni che possono trovarci (ringraziamenti e testi per esempio) e, ovviamente, alla qualità audio. Non ascoltano semplicemente un album sul computer mentre fanno altre cose, bensì trattano un album come dovrebbe essere e cioè come un lavoro artistico multiforme che include musica, parole, testi e l’artwork ad esso ispirato.
L’ascoltatore è più consapevole o il comportamento d’acquisto è legato per lo più a fattori impulsivi, ovvero ci sono più cacciatori di perle musicali o prede del marketing?
INNER EAR: Complice il momento economico non riscontriamo un grande spazio per l’acquisto di album su impulso. Gli ascoltatori ora sono totalmente consapevoli di quello che gli piace e di ciò che vogliono acquistare. Internet ha aiutato molto in questo senso così chiunque può ascoltare in streaming qualsiasi cosa ed essere sicuro che ciò che sta per acquistare lo soddisferà sul serio…
Si assiste alla rinascita del vinile e anche Inner Ear ha una buona proposta di opere musicali in questo formato. A cosa è dovuta la riscoperta, maggiore qualità, un oggetto più invitante, uno status symbol…? Come è possibile far sviluppare nei nativi digitali la passione per il vinile?
INNER EAR: I vinili sono sempre stati un feticcio per la musica. Ci piace vedere la loro rinascita come un atto di resistenza dei fruitori contro la rivoluzione digitale. La loro qualità audio è sicuramente migliore dei cd (per non parlare degli mp3) e sono strettamente collegati a un rituale particolare che manifesta un modo di usufruire della musica come forma d’arte e non come oggetto di consumo come in un fast food. È così difficile immaginare un futuro interesse comune tra i cosidetti “nativi digitali” e i collezionisti di vinili che rappresentano i due estremi del mondo della musica ma non è detto, non si sa mai cosa succederà. Dal nostro canto, così come molte nostre uscite sono solo in vinile, proviamo ad approcciare i nativi digitali includendo sia dei codici di download nei nostri vinili sia nei cosidetti cd a portafoglio (ndt. cd wallet), così tutti son felici.
Il web diminuisce le distanze e agevola le contaminazioni internazionali. Secondo la vostra esperienza, ci sono delle differenze nel gusto musicale degli ascoltatori greci e di quelli di altri Paesi o la globalizzazione dei consumi è giunta alle estreme conseguenze? Riescono ancora a caratterizzarsi gli artisti mantenendo un rapporto con la loro terra d’origine?
INNER EAR: Naturalmente ogni paese ha nella propria cultura musicale, con peculiarità locali. Per esempio c’è un repertorio popolare mainstream che i greci ascoltano e non attrarrà mai molto un ascoltatore internazionale, non solo a causa dei testi in greco ma soprattutto perché è un modo di fare musica che non incontra il gusto estero. La buona notizia è che in Grecia ci sono nuovi artisti che cercano di combinare con successo le loro radici greche con le influenze di musica internazionale e molti di loro suonano scrivendo i testi in inglese… La lingua poteva essere una barriera al tempo ma ora non lo è più, molti giovani greci parlano un inglese perfetto.
L’identità locale di un artista è naturalmente collegata alla propria arte ma troviamo molto bello quando la musica travalica i confini e raggiunge ascoltatori in giro per il mondo. Come etichetta stiamo muovendo i nostri primi timidi passi nel calderone musicale internazionale e troviamo frustrante quando le recensioni della stampa internazionale si focalizzano troppo sulle origini dell’artista (menzionando puntualmente la crisi finanziaria greca e il nostro debito nazionale) che sulla musica stessa. È ingiusto nei confronti di un artista che mette tutto il suo sforzo e la sua energia nella realizzazione del suo album.