Home Recording for Dummies #4: L’equalizzatore

Eccoci a un nuovo appuntamento della rubrica sull’home recording. Dopo aver trattato di Recording e Panning, oggi una puntata dedicata all’equalizzazione. Da ora in poi mi concentrerò solo ed esclusivamente sui singoli strumenti (nel nostro caso plugin) volti a modellare il suono nel mix.

 

I FALSI MITI
Prima di trattare l’argomento, sarà necessario fare chiarezza su alcuni miti affibiati all’equalizzazione:
1.Il suono iniziale è fondamentale! Qualsiasi equalizzatore al mondo non renderà la vostra Epiphone collegata alla scheda audio integrata del computer, simile ad una Gibson registrata con una Mesa Road King.
2.L’esecuzione del musicista fa la differenza! Se avete commesso errori madornali, non pensate di poter risolvere tagliando qua e là frequenze.
3.I preset non sono miracolosi. “Se metto l’equalizzatore a V è figo!”. Forse sarà figo per te e per chi ha suonato la chitarra nel periodo del Nu Metal, ma non sperare di risolvere un mix in questo modo, anzi!

La funzione principale dell’equalizzazione è quella di inserire in maniera armonica tutti gli strumenti presenti, ripulendoli da frequenze fastidiose o inopportune, ed enfatizzandone altre necessarie all’intelligibilità nel mix.

 

LE TIPOLOGIE DI EQUALIZZATORE
Tenendoci su una visione macro è possibile trovare 2 tipologie di equalizzatore:
Grafico: con frequenze già preimpostate. Risulta comodo per chi è ancora impacciato con il suo utilizzo, ma risulta limitato per chi necessita di agire in maniera più chirurgica e precisa su un suono.
Parametrico: questo equalizzatore permette di regolare 3 parametri fondamentali.
FREQ: permette di selezionare la freq base sul quale agire
GAIN: permette di ridurre o enfatizzare il volume della frequenza scelta
Q: riduce o aumenta il campo d’azione della FREQ. Immaginate una campana: il punto più alto della campana è la frequenza selezionata con il primo parametro, più la campana sarà ampia più saranno coinvolte le frequenze più basse e alte dal punto di riferimento; viceversa a campana stretta, verra coinvolta solo ed esclusivamente quella frequenza.

Gli equalizzatori che troviamo all’interno delle nostre DAW sono di solito molto più simili a quest’ultimo e permettono, oltre a questi 3 controlli, anche una rappresentazione grafica dello spettro di onde sonore e delle modifiche che stiamo apportando ad esso.
All’interno di questi equalizzatori spesso troviamo anche due tipologie di filtri:

HPF (High Pass Filter): Impostata una frequenza, lascia passare solo le frequenze al di sopra, attenuando quelle sottostanti.
LPF (Low Pass Filter): Impostata una frequenza, lascia passare solo le frequenze al di sotto, attenuando quelle sovrastanti.
E’ possibile scegliere attraverso il parametro “db per octave”, con quanta forza verranno ridotte le frequenze al di sotto (HPF) o al di sopra (LPF) del taglio.

 

UTILIZZARE UN HPF/LPF
Tutti gli strumenti tendono a produrre oltre alle loro frequenze caratteristiche, anche una serie di suoni che all’interno di un mix possono essere percepiti come rumore (ovvero non portano informazioni utili per l’ascolto finale). Di solito queste frequenze possono trovarsi nella stragrande maggioranza dei casi nella fascia bassa (dai 70hz in giù; es. Chitarra), o anche al di sopra (dai 5000hz in su; es. Basso).
Di buona norma è possibile tagliare tutti gli strumenti che agiscono su frequenze medie e alte dai 70hz in giù con un HPF per evitare di sentire un rimbombo fastidioso nel mix finale. Ovviamente è possibile spostarsi anche al di sopra di tale valore, fino a quando non si percepirà un deterioramento del suono dello strumento stesso dato da un valore troppo alto. Con gli strumenti che occupano un range medio/basso è invece talvolta necessario applicare un LPF. Cosa pensate di trovare su un basso o su una cassa dopo i 10.000hz? Eccezionalmente qualcosa, spesso nulla. Per cui tagliate tranquillamente, fermandovi quando sentirete un deterioramento del suono.
Nell’applicare il filtro, vi consiglio di utilizzare un -6db per Octave, questo perchè permette un taglio morbido alle frequenze risultando molto più musicale e riduce problemi generati da spostamenti di fase non desiderati. Nel caso in cui invece, si voglia rendere più “aggressivo” o far “risaltare” di più uno strumento nel mix, andateci anche più pesante sino ad arrivare a -48db per Octave (può avere un suo perchè nel caso si inseriscano dei suoni di synth nella base).

 

EQUALIZZARE IL RESTO
Mentre l’applicazione di questi filtri è quasi sempre necessaria, l’equalizzazione che definiremo “classica” può risultare superflua. Nel caso in cui abbiamo correttamente ripreso gli strumenti nelle nostre registrazioni, probabilmente avremo un mix che si integra perfettamente e potremo abbandonare questo secondo passaggio.
Nell’opzione in cui non potremo gridare al miracolo faremo così: prendiamo il suono di un singolo strumento che non ci convince e partendo dalla frequenza più bassa sino a quella più alta, andiamo a stringere la campana (Q) e alzare (o anche abbassare) ad un livello considerevole (ad es. 15db) il gain. Appena incontreremo la frequenza che ci da fastidio, abbassiamola ad un livello ragionevole e cerchiamo di riallargare la campana sino a quando otterremo un suono piacevole. E’ importante regolare bene il Q per non distruggere frequenze adiacenti che magari caratterizzano il suono del nostro strumento.
In particolar modo, la voce richiede una campana abbastanza larga, poichè il nostro orecchio è abituato a riconoscere la voce umana, ed un taglio molto drastico verrebbe riconosciuto anche dai meno esperti.

Di solito è ragionevole agire per sottrazione delle frequenze, per rendere un mix più pulito; se invece il nostro intento è modificare o “colorare” il suono, alzate con moderazione il gain.

Perchè con moderazione?

Un forte aumento di gain, così come un forte taglio generato da un HPF o LPF può comportare problemi di distorsione di fase nel suono. La fase è semplicemente la rappresentazione della frequenza di un suono, ovvero le oscillazioni prodotte che si distinguono in fase positiva e fase negativa. Per non complicarvi la vita, sappiate che molti plugin (per non dire tutti) vanno ad agire sulla fase di un suono e generano una cancellazione di alcune frequenze, piuttosto che distorsioni non gradite. Per prevenire questo fenomeno (che in alcuni casi, che vedremo più in là, è ricercato) si utilizza un Linear Phase EQ, ovvero un equalizzatore che mantiene stabile la fase del suono in uscita. Spesso viene utilizzato nel Mastering, ma può essere utilizzato tranquillamente anche in missaggio, magari sostituendo i classici EQ solo un attimo prima dell’esportazione del mix (il Linear Phase richiede molta CPU!).

 

FONDAMENTALI E ARMONICHE
Per equalizzare al meglio un suono, sarà utile conoscere alcuni concetti di base: la fondamentale e le armoniche.
La fondamentale è la nota principale che il suono produce, è la frequenza che viene percepita nell’ascolto finale. Ogni fondamentale però si accompagna e contraddistingue per una serie di armoniche, ovvero altre note che si uniscono al suono principale e si distanziano da esso per intervalli che possono variare ad esempio di una 4a, 5a o anche 8va. Riuscendo ad identificare la fondamentale, riusciremo a capire come posizionare il nostro suono nel mix: graficamente la fondamentale è in rilievo nel nostro eq, e sarà ben necessario non andare a tagliare questa informazione nella collocazione dello strumento.
Ad es.: il basso elettrico ha una fondamentale che può aggirarsi intorno ai 100hz e altre armoniche (che magari identificano l’attacco) sui 1200hz. In questo caso non andremo mai (anche se il mai nel missaggio è opinabile) a scavare i 100hz con il nostro equalizzatore, altrimenti non avremo più un basso, ma solo un attacco (sdeng!) senza corpo.

Degli equilibri molto precari in questo ragionamento sono:
Cassa vs. Basso= spesso hanno fondamentali dai 50hz ai 100hz (per il basso anche sui 200hz), per cui sarà inevitabile tagliare parte della fondamentale ad uno o all’altro per renderli intellegibili.
Chitarra vs. Voce= litigano intorno ai 3000hz. Di solito preferisco smussare le chitarre, sopratutto se ritmiche.
Se vi trovate in situazioni del genere, ponetevi molta accortezza e parsimonia, in quanto un taglio drastico potrebbe far perdere senso ad uno degli strumenti.

 

ALCUNI “TRUCCHI”
Meritano un discorso a parte:

Le risonanze di una chitarra distorta
La distorsione genera come suono caratteristico alcune armoniche che, indipendentemente dalla fondamentale, rimangono stabili su un range di frequenze e sporcano il suono. Con un EQ a campana strettissima e gain al minimo, cercatele (di solito sono dai 1000hz in su). Una volta trovate, sentirete il suono meno sporco, regolate il gain finchè non percepirete più il fastidio.
ATTENZIONE: Le risonanze caratterizzano il suono di una chitarra distorta e sono quasi ovunque, eliminate/attenuate solo quelle più fastidiose!

Equalizzazione a pettine
Per aumentare la spazialità (e quindi la stereofonia) di due suoni pannati all’opposto (es. due chitarre doppiate all’estrema destra e sinistra), effettuate dei piccoli tagli o enfatizzazioni su un suono e agite in maniera opposta sull’altro.

Es. Chitarra pannata a SX: -3db sui 350hz, +5db sui 550hz, -7db sui 2000hz, +9db sui 5000hz
Chitarra pannata a DX: +3db sui 350hz, -5db sui 550hz, +7db sui 2000hz, -9db sui 5000hz

Cercate di aumentare il gain in maniera crescente a partire dalle frequenze basse verso quelle alte, alternando un taglio ad un aumento, in modo da non creare buchi troppo grossi in un range di un singolo suono.
Oltre ad aprire un suono in stereo, tende anche a dare chiarezza e definizione al suono. E’ possibile generare quest’effetto anche in fase di ripresa, equalizzando diversamente 2 take simili.
ATTENZIONE: applicare questo effetto su freq basse (fino ai 350hz), non darà grossi risultati, in quanto questi tipi di suoni sono omnidirezionali e apriranno di poco il mix (oltre al fatto che le freq basse dovrebbero essere posizionate al centro e non ai lati).

I tagli mostruosi
Se nel vostro brano già carico di suoni di ogni tipo, volete inserire ad es. una chitarra in wha, posizionarci un HPF a 2000hz e un LPF a 3000hz, potrebbe funzionare. Ascoltato singolarmente sarà orribile, ma nel complesso, calzerà a pennello e sarà perfettamente udibile.
Ricordate che il vostro obiettivo è produrre un missaggio ottimale, quindi ha valore solo come suonano tutti gli strumenti assieme, non il singolo!

 

VOLENDO CONCLUDERE…
Ponete sempre un HPF all’inizio del vostro suono, per ripulire il rimbombo nel mix
Non esagerate nell’enfatizzare le freq basse (50-250hz), sopratutto se lo strumento non lavora in quella fascia. Il rischio è di impastare il tutto
Sui 100hz troverete il colpo del rullante. Se volete alzate un pò, ma attenti a tagliare
Se sentite un suono cartonato e poco definito tagliate qualcosa dai 250hz ai 500hz
Una chitarra elettrica, può essere più incisiva con un taglio intorno ai 500hz
Se il suono è troppo nasale controllate la fascia dai 1000hz ai 2000hz
Se volete un suono “in faccia” all’ascoltatore e molto presente alzate intorno ai 3000hz, viceversa abbassate
I 5000hz danno chiarezza al suono, non sottovalutateli per chitarra e voce. D’altra parte, dai 5000hz sino ai 9000hz un aumento di gain sulla voce, può comportare sibilanti! Tagliate se è questo il vostro caso
7000hz e 9000hz sono frequenze ideali per dare aria ad un suono, aggiungono naturalezza e brillantezza
Intorno ai 10.000hz a salire, occhio agli OH della batteria. Tagliate un pò se vi segano le orecchie

Ci vediamo al prossimo articolo!
Per discussioni e chiarimenti resto disponibile su: pucdav@tiscali.it

Davide Pucillo