Se questo è davvero un disco d’esordio, non vorrò ascoltare altro… così precisa e affascinante, così ammaliante nei modi che dubito a credere che possa davvero essere alle prime pubblicazioni ufficiali, eppure di esperienza ne ha tanta, sia scolastica che musicale. L’intensità e l’emozione che accompagnano questo disco sono innumerevoli, qualcosa che colpisce direttamente all’anima di chi lo ascolta, un viaggio sonoro vero e proprio in cui più volte ci si sente in volo, col pensiero, alla scoperta di luoghi incantevoli eppure così vivi e selvaggi. Questo fa la musica di Migratory Birds, porta la mente a sconfinare in territori sconosciuti che però appaiono immediatamente familiari, femminili, stupendamente tenui e musicati con dolcezza e malinconia. Quelle tracce che sembrano voler sconfinare in qualcosa di più sperimentale, sempre con delicata moderazione, ritorna a percorrere il binario dell’ordine poco dopo, accompagnato dagli accordi di una timida chitarra. La curiosità porta ad ampliare la ricerca, questi suoni così impercettibilmente distratti dovranno pur dipendere da qualcosa di emotivamente forte e non solo dallo studio, si scopre un’intensa anima parallela a quella di Joni Mitchell, più volte omaggiata dalla Caputo, che le rende sublime giustizia. Ora la forza del disco mi pare così chiara, il viaggio introspettivo possiede una matrice romanticamente triste e ambigua, è bellezza intima svelata con fatica, è il rossore delle guance di un’amante inesperta, è la libertà degli uccelli che migrano in cerca di posti migliori, è il suono dei sogni. Beh, se questo è un disco d’esordio adesso veramente non vorrò ascoltare altro.