Incontro i Da Hand in the Middle prima della loro esibizione. Sono intenti ad accordare gli strumenti e ad incollarsi i baffi finti… Interrompono i preparativi. Tiro fuori taccuino e registratore, poi sprofondo nel divano in pelle… ma prima di premere rec mi accorgo che manca un componente della band…
Aspettiamo il settimo o iniziamo?
No, iniziamo. Il settimo forse non viene, è impegnato… ha da fare delle lusinghe. Sì, lui è il bello del gruppo!
Bene, allora procediamo… leggo dalla vostra biografia che l’esordio discografico risale al 2011, con Shiver Animal Sensations, a cui seguono importanti esibizioni. Ne cito alcune: l’Italia Wave, il Nuje Vit Festival di Sarajevo, il Mei Supersound di Faenza… Cominciamo dalla prima: dopo aver vinto le selezioni regionali dell’Italia Wave in Umbria siete andati a suonare la finale a Lecce, città che sostituì in quell’edizione la storica Arezzo. Com’è stata l’esperienza?
(Chi ne vuol parlare?) Tante cicale. Tante, tante cicale. Suonavamo proprio davanti alla spiaggia. Gli avventori si divertivano a giocar sulla riva con i racchettoni e non si curavan della musica. E poi non abbiamo vinto… A racchettoni abbiamo vinto, ma al concorso arrivammo penultimi, secondo la classifica ufficiale.
Poi il Nuje Vit di Sarajevo… ecco, abbiamo fatto una telefonata in Serbia e ci hanno rivelato non solo che non esiste nessun Festival con questo nome, ma che non avete mai conseguito un master a Sarajevo [il riferimento è a Oscar Giannino, ndr]… come la mettiamo?
No, infatti… che Sarajevo!… il master lo abbiamo fatto a Chicago, da Carl Saff. È lui che ha masterizzato il nostro nuovo album, L’éducation sentimentale.
Non vi credo, andrò a leggere nei credits dell’album…
Vai, vai, controlla. Noi il master a Chicago ce l’abbiamo per davvero!
Avete comunque avuto altre esperienze live importanti, senza dover necessariamente uscire dal territorio nazionale… Ad esempio avete aperto il concerto di Jon Spencer.
Sì, abbiamo suonato prima di Jon Spencer, ma lui non ne sa niente… È stato chiuso in bagno un’ora e mezza ed è uscito quando noi avevamo già finito…
Un noto critico scrisse di lui: «suona un blues al tempo stesso infantile e primordiale». Se qualcuno scrivesse lo stesso di voi, magari riferendosi ad un vostro disco, magari al vostro primo disco… sareste d’accordo?
Beh, l’infantilità sarebbe riconducibile alla nostra età anagrafica… Primordiale, non lo so. (Sai che significa primordiale, Jackie?) Facciamo che primordiale potrebbe riferirsi alla nostra scarsa perizia con i rispettivi strumenti… quindi sì, la mia risposta è sì.
Non vi preoccupate, nessuno ha mai usato questi aggettivi per voi… Invece su Rockit si legge “i Da Hand in the Middle sono gli Elio e le Storie Tese del country-blues”…
Ma è vero? Hanno scritto così?!
Sì sì, l’ho letto prima, nel pomeriggio. Sono venuto preparato a questo incontro…
Ma Elio e le Storie Tese padroneggiano i propri strumenti… noi siamo primordiali, purtroppo. E poi noi non suoniamo country-blues…
In verità la recensione prosegue, e se non erro spiega che l’accostamento si riferisce al vostro divertirvi a stravolgere i generi… Ecco ho detto Elio e le Storie Tese e mi è venuto in mente Sanremo e la loro performance poco sanremese ma da secondo posto… forse è il sintomo di un cambiamento all’interno della manifestazione o del pubblico musicale italiano? Negli ultimi anni abbiamo anche osservato un avvicinamento all’indie… voi come vi vedreste a partecipare a Sanremo Giovani?
Continuiamo a parlare di Festival. Nel 2012 avete partecipato a un evento molto importante per chi produce o ascolta musica indie: il Mei Supersound di Faenza.
Partecipato?! Eravamo in programma… ma non abbiamo partecipato! Però è stata comunque una bella esperienza… abbiamo scoperto che a Faenza può piovere tanto e che la pioggia può anche impedirti di suonare. Può impedire a noi di suonare, ma non a Capovilla… che invece nello stesso giorno ha potuto interpretare magistralmente Majakovskij in piazza, al coperto. Quindi è stata una bella esperienza, abbiamo visto Capovilla da vicino, ed è più brutto che nel video… e poi siamo tornati a casa. E sulla strada del ritorno il nostro cantante e il nostro sassofonista sono riusciti anche a perdersi e ad arrivare a Fano… Io scrissi un breve poema in endecasillabi dopo l’accaduto. Non lo recito perché non la so a memoria, e poi è bestemmiato e forse non tutti i lettori sono pronti intellettualmente… però è rilevante il passo in cui il cantante e il sassofonista sono in autostrada tra Ancona e San Benedetto del Tronto. Lì c’è qualche rima con Tronto, e con Orco anche….
Evitiamo allora di questi argomenti… Pare che nel dossier nelle mani del Papa dimissionario ci fosse anche un capitolo dedicato alle bestemmie umbre…
Sarà un capitolo assai ricco…
Abbiamo tirato in ballo il Papa, per cui adesso apriamo la sezione “attualità”. Nel Gennaio 2013 vede la luce L’éducation sentimentale, secondo album dei Da Hand in the Middle. Qualcuno di voi vuol dire due parole per presentare questo album?
Un album fresco. Un cambio di stile. Un’evoluzione che a me è piaciuta molto. Se posso dire la mia, rispetto al primo è meno primordiale. È più raffinato. Poi sarà il pubblico a fare le critiche. L’inserimento di Jimmy Snacktime alla chitarra ha portato a una maggiore cura (Grazie!). C’è una maggiore attenzione per gli arrangiamenti.
Il sassofonista è di là. La tromba… forse ti riferisci alla tromba di culo? Sì, quella l’abbiamo inserita perché servivano frequenze che superassero sulle basse l’estensione del sassofono… Serviva una particolare armonizzazione su un pezzo, allora uno di noi, di cui non faccio il nome, ha fatto partire una tromba di culo…
Ma non è difficile da gestire come strumento?… come si accorda una tromba di culo? C’è un diapason apposito che va fatto vibrare dentro…
No no, dipende semplicemente da quello che mangi prima. C’è una dieta che devi fare a seconda della tonalità che ti serve. Poi se vuoi la sordina c’è un’altra tecnica…
Va bene, ammetto la colpa, ricordavo male, non c’è nessun trombettista… si trattava di un tenor sax [suonato da Dan Kinzelman, ndr]… Continuiamo con “L’éducation sentimentale”… L’album è stato preceduto da un singolo, “Hong Kong Stories”, con relativo low-budget video che su YouTube sta per raggiungere quota 4000 visualizzazioni… Ecco, il web dà grande visibilità. Voi avete tratto qualche beneficio da questo grande potere della Rete?
Assolutamente nessuno.
Nessuno?! Allora ce l’avrete a morte col web! Non so se avete ascoltato l’ultimo album dei Bachi da Pietra… io l’ho fatto mentre venivo qui. Nella versione digitale c’è una bonus track in cui la band polemizza con la cultura del gratis e rivendica un giusto compenso per i musicisti, proponendo tutt’al più un baratto… voi che ne pensate? Di certo permettere di ascoltare un album gratis a fine promozionale, per farsi conoscere, può essere vantaggioso in alcuni casi… però c’è chi prova un dopobarba e poi se lo va a comprare se gli piace, ma c’è anche chi accumula campioncini nel cassetto e dopo la rasatura usa esclusivamente quelli… così il mercato discografico si ferma… o forse no?
Tutto ciò non ci riguarda. Noi non facciamo musica per mestiere, non è questa la nostra professione. Abbiamo tutti un lavoro, con uno stipendio, chi più e chi meno. La questione economica non ci interessa. Siamo aperti al mondo in cui viviamo e prendiamo atto della direzione in cui sta andando. Abbracciamo senza riserve o timori le nuove tecnologie, tant’è che già da almeno un anno usiamo regolarmente il computer e ne traiamo benefici soprattutto per quanto riguarda gli incontri notturni. Con il computer. E grazie alla musica spesso questi incontri hanno un risvolto positivo: regaliamo il nostro cd alle donne su internet e loro si innamorano anche. Così riusciamo a sfruttare l’alto potenziale della musica. E c’è anche un’altra cosa importante: i vantaggi gastronomici. Noi godiamo di una convenzione con i salumieri della Valnerina: ogni cd so’ due etti de salame. E a noi sta bene. Non abbiamo la spocchia intellettuale italiana, noi stiamo con la gente e accettiamo quello che ci dà. Non è una polemica. Ci danno i salami e li mangiamo. Non andiamo a cercare sushi.
L’atteggiamento che contraddistingue il vostro modo di fare musica, di comporre musica, è proprio questo: un’attitudine al divertissement, un approccio spontaneo, ironico, svagato e con gusto per l’accostamento improbabile, per il pastiche musicale e culturale. Ecco, è evidente che ciascuno di voi ha percorso chilometri di ascolti e partecipa alla composizione con il proprio personale bagaglio, rimpinguato o alleggeritosi nel percorso solipsistico… Giusto a riprova di ciò che sto dicendo, mi dite, uno alla volta e in senso orario, qual è il vostro album preferito, di oggi 3 marzo ore 21?
Vulgar Display of Power. British Steel dei Judas Priest. Goodbye Yellow Brick Road. Bachi da Pietra, il Greatest Hits. Il Best of degli Abba; bello, carino. Il mio rimane costante negli anni: il disco del ’72 di Tom Jones, è quello che più mi ha colpito nella mia vita.
E di questa varietà la vostra musica ne giova… Il problema però immagino sia scegliere che disco ascoltare quando siete in macchina tutti insieme per andare a suonare… Che avete ascoltato venendo qui?
Siamo venuti con tre macchine! Noi abbiamo ascoltato Neil Young, poi gli Hot Head Show del figlio di Stewart Copeland, poi il gruppo del sassofonista degli Zu e poi abbiamo aperto il finestrino. Noi siamo stati in silenzio tutto il viaggio. A un certo punto ho detto a Redbo “Hey Redbo, what’s the matter?”, e lui “No, adesso, no”. Così abbiamo proseguito in silenzio. Ne ho dette un paio all’altezza dell’uscita 12 del raccordo, poi zitti e assorti fino a qui. Io invece sono venuto a piedi: ero già a Roma, stavo a San Giovanni; non passavano gli autobus, così mi sono incamminato a piedi e ho registrato le mie bestemmie con il walkman, mi torneranno utili nel mio progetto solista per Sanremo.
Bene, il fonico dice che è ora di iniziare; dobbiamo concludere. Accogliendo un’abitudine della nostra intervistatrice titolare, lascerei a vostro completo arbitrio l’ultima battuta, anzi le ultime tre righe. So che me ne pentirò, ma è anche una questione di equità: ho io la prima parola, lascio a voi l’ultima…
Bah che dire.. parole in libertà?.. Accettiamo di diventare cavalli!! Sì, grazie, non è stata una partita facile, il campo era in pessime condizioni, l’Atalanta ha difeso bene tutto il primo tempo, poi siamo stati bravi a inserirci negli spazi… in Coppa Italia giocheremo con i titolari, è un nostro obiettivo… Io mi lego al discorso di Jimmy Snacktime, e vorrei ringraziare Mario Merda, il Bierhoff dell’organo, e grazie anche a tutti quelli di Beautiful Freaks.
A.M.