Caelestis

NEL SUO PERDUTO NIMBO

Autoprodotto, 2012

Le suggestioni ambient proposte da Cataldo Cappiello nel suo progetto Caelestis cominciano a prendere forma nel 2010 attraverso un percorso che, nell’eterea e fluttuante cura compositiva, appare sin troppo pericolosamente piacevole a causa di una rischiosa deriva new age. Ciò per fortuna non è avvenuto e lo dimostra la maturazione artistica raggiunta dallo stesso Caelestis nel suo ultimo lavoro. Nel 2012 è al suo quarto album, Nel Suo Perduto Nimbo, in cui approda alla ricerca di atmosfere più prossime al black metal ambientale e all’industrial cupo e minimale che alle suggestioni più elettronicamente meditative dei lavori che lo precedono. L’aspetto prettamente strumentale, sin dalla seconda traccia, ricorda sensibilmente le tessiture sonore proposte dal padre di certo tipo di industrial, tale Justin Broadrick. Nel complesso, alcuni passaggi appaiono troppo sovraccarichi di sfumature e l’eccessivo uso del synth, a tratti, rischia di sembrare gratuita esecuzione psichedelica. Pura dark music quindi che necessita, a mio modesto avviso, di essere maggiormente filtrata, prosciugata e raffreddata. Il minimalismo, seppur stratificato, che permea il disco gli attribuisce comunque una sua identità attribuendogli integrità e coerenza artistica. I testi, purtroppo un po’ naif, sono in un italiano cantato raucamente, sussurrato o narrato quasi mai decifrabile ma non convincente del tutto. Eccezione è la quinta traccia (Dove La Luce, poesia di Ungaretti) cantata da Vera Clinco, probabilmente il passaggio meglio riuscito del disco.
Quest’opera virtuale (fruibile e downloadabile gratuitamente dal sito ufficiale della one-man band) nel suo complesso rischia di diventare una faticosa esperienza d’ascolto anche per il più tenace degli appassionati del genere. Per alcuni versi potrebbe definirsi un ibrido poco riuscito tra magniloquenza di una figura storica come Lustmord e le ultime esperienze “solari” di Jesu…
La conversione/evoluzione di Caelestis, in conclusione, pare coraggiosa ma osa troppo rispetto le sue reali potenzialità. Nonostante l’evidente maturità artistica espressa nel disco, per ora, vorrei sospendere il giudizio fino a nuova opera ma dalla regia mi dicono che una votazione è necessaria. E così sia…

Voto: 5

Anthony “antz” Ettorre