Molto particolare la storia che è legata a questo album, una chiave di lettura molto strana che rende ancora più interessante il contenuto del disco stesso. La Sedia è il terzo e ultimo capitolo di un progetto iniziato nel 2005, tre dischi diversi per intensità e “materiali”; il primo Annanna era il disco di stoffa, quindi soffice e leggero, fatto di suoni delicati e quasi irreali, poi venne Il fantasma ha paura, quello di pietra, forte, deciso, crudo come la realtà che racchiudeva, infine quest’ultimo che è un disco di legno, che mescola il calore e la compattezza dei suoni domestici e la confusa natura di alcuni suoni sperimentali. Questo è un disco strano, sembra scritto da un bambino triste e suonato da un adulto visionario, contiene dieci tracce diverse tra loro, tenute insieme dal concept del disco, il suono legnoso di alcuni strumenti, lo stesso legno che compone quella sedia. Adriano Modica spiega con estrema facilità e una curiosità infantile di come il mondo potrebbe finire e di come non si riesca mai a trovare la vera collocazione dello spazio. È un triste narratore di storie non proprio belle che sembrano invece giochi spensierati, un po’ in ogni traccia la costante sono i ricordi confusi del protagonista, accenni ad un passato che forse era migliore del presente. Si accalcano suoni, effetti e voci quando i ricordi si fanno più dolorosi e lontani nel tempo. Un accenno alla voce radio che si sente nella prima canzone, Alieni, è Duggie Fields che condivideva con Syd Barrett l’appartamento della copertina di The Madcap Laughs (ora tutti a controllare). Intelligenza del minimalismo, lode a Modica per questo, la sua musica si riduce a semplici accordi e pochi eccessi e ci piace molto così.