Le Gros Ballon

ORANGE

CasaMedusa, 2012

Dopo il disco d’esordio ed un EP, i Le Gros Ballon pubblicano Orange, un album di cui vale la pena parlare, davvero. Bisogna immediatamente ed assolutamente mettere in chiaro che il discorso sviluppato nell’album, preso nella propria interezza, rende l’opera espressione coerente della propria identità musicale, articolata linearmente lungo l’intero percorso. Non un’unica traccia, ma un’opera organica composta di due parti, a loro volta suddivise in 8 tracce (la prima parte) e 7 tracce (la seconda). Composto sulle rive del Lago di Bolsena, cratere vulcanico a metà strada tra le verdi colline umbre e i declivi verso il mare dell’alta Tuscia; arrangiato e completato presso gli studi Casamedusa di Milano: queste due fasi sono state equalmente importanti nel processo di lavorazione dell’album, dove le necessità espressive dei due polistrumentisti si uniscono, creando le architetture concettuali alla base di Orange, riempite poi della loro essenza vera e propria: la musica. Il duo composto da Francesco Campanozzi e Marco Capra è attivo da diversi anni, ed oltre ad aver diviso il palco con artisti del calibro di John De Leo, i nostri si sono cimentati con la produzione di una colonna sonora per il mediometraggio Ciao Italia – storie di italiani a Berlino. Un aspetto da non porre in secondo piano, perché è proprio la “musica per immagini” il genere (ammesso che di genere si possa parlare) a cui farei riferimento. È come se l’album fosse la colonna sonora di un film che non è stato ancora girato. L’infinità di oggetti, suoni e strumenti di cui si è fatto uso nei vari brani rendono l’album un piccolo viaggio, accompagnato da panorami in costante mutamento. Il raggio di sonorità esplorate è molto ampio, e altrettante le suggestioni: si passa da Yann Tiersen ai primi Cinematic Orchestra, e, a tratti, sembrerebbe far capolino un rinsavito John Frusciante, se solo riuscisse a liberarsi di quelle tremende occhiaie che ultimamente lo accompagnano in ogni nota che suona. Un lavoro bello ed articolato, che non disdegna escursioni nella world music, nel noise o nel pop. Un lavoro di difficile catalogazione che risulta, solamente a tratti, complicato da seguire, in particolar modo quando le armonie si attorcigliano ossessivamente su se stesse. La complessità del lavoro può scalfirne solo superficialmente la fruibilità, ma non intacca la sua estetica.

VOTO: 7

Bernardo Mattioni