Grandi Animali Marini

SULLA CRESTA DELL’OMBRA

Grandi Animali Marini/Tomobiki/Frigo Studio, 2012

Secondo capitolo di una storia ancora da scrivere, Sulla cresta dell’ombra si colloca dopo un album omonimo (2007) che aveva fruttato una partecipazione a Sanremo (con Napolone azzurro) e l’onore del grande schermo con una canzone (Splendidamente pazza) per Lezioni di cioccolato di Claudio Cupellini. Eppure, nonostante cinque anni di attesa e una line-up rinnovata dalla sostituzione del batterista, poca strada sembra sia stata fatta da questa band milanese. E anzi un sicuro passo indietro nel rinunciare a quella dimensione più fantasiosa o spensierata dell’esordio.
Il problema è il sostare in quella stessa spiaggia stesso mare in cui, per dirla schietta, c’è di tutto un pop; e non parliamo soltanto di un certo torpore radiofonico negli arrangiamenti. Prendiamo ad esempio la sfocatura dei testi; anche nel primo album si sentiva un po’ mancare la terra sotto i piedi di fronte a versi come “L’estate è una bevanda fresca con dentro qualcosa di speciale” (L’estate è bellissima). Ma il problema evidentemente non è questo; se ti chiami Francesco Bianconi o Franco Battiato riesci anche a far passare espressioni come “le tettine delle vergini” o “la barba col rasoio elettrico non la faccio più”, perché in quel discorso funzionano (e non parliamo poi di quel rock alternativo italiano che ha ridefinito per sempre l’approccio alla testualità…). Ma qui non c’è nessuna ricerca musicale, sonora o di poetica, che giustifichi tutto questo. Spesso si stenta a seguire la ragnatela dei nuclei e delle trame, le voci dei protagonisti, quando si provano a creare personaggi di finzione, non superano la scala dei grigi, i tanti “me” e “te” che dovrebbero dare motore all’orogenesi della riflessione si assommano invece gli uni agli altri senza che avvenga alcuna transustanziazione artistica; la dimensione di quotidianità, i riferimenti al vissuto, senza risultare difficili si chiudono però nelle menzogne buone dell’autoreferenza. E quando provano a stringere la presa sulla realtà col morso del cinismo o della disillusione (i titoli col bilancio in nero Errori umani, Io non ce la farò, Le canzoni non vogliono dire niente, Il peggio, Non sento niente), sembrano smussare la lama più che affilarla. Ma le vie di uscita ci sono (quasi) sempre, e basta lasciarsi prendere dal miele lisergico di Psicoterapia o dal quadro ben riuscito e partecipato di Il centro del mondo per capire che siamo già lì.

Voto: 6

Fabrizio Papitto