La direzione artistica dell’ AFF si è sempre distinta per la ricerca e la scoperta di gruppi molto caratteristici provenienti da ogni parte del pianeta ed è forse questa la principale e più significativa peculiarità, anche se quest’anno ci si è rivolti molto di più ad artisti italiani. Ma seguiamo l’ordine cronologico di questa tre giorni per farvi entrare con più forza nell’ambientazione.
Il venerdì è il mio primo giorno e da programma sono previsti due artisti stranieri: gli Imam Baildi dalla Grecia e i Deluxe dalla Francia. Si comincia molto tardi, intorno alle 23, ma anche questa è una consuetudine che gli habitué del festival conoscono molto bene. Gli Imam Baildi propongono un mix di musica greca antica riportata ai nostri tempi, e quindi al classico mandolino e parole in greco, e abito tradizionale per la cantante, so affiancano chitarre basso e batteria, e soprattutto un secondo cantante di colore (una faccia una razza?!) che propone brani rappati e molto più moderni. Il mix suona un po’ strano, ma vi assicuro che la resa è stata ottima e il pubblico ha gradito molto. Poi è il turno dei Deluxe, dalla Francia con molto furore, che sono stati sicuramente la scoperta più piacevole dell’intero festival. Il loro mix di funky, swing e melodie articolate creano un sound molto elettrico e l’unione del sax con i classici strumenti e con un dj ben in tiro assicurano salti e balli sfrenati. L’ormai affollato Piano della Croce – dove si svolge la parte serale dell’AFF – trema insieme alle persone e ai bassi. Si finisce felici ed esausti alle 2 del mattino, ma non è tutto: Dj Grissino, ultimo ospite della serata, mantiene elevato il ritmo fino alle 3, ma vi confesso che non avevo abbastanza forze per poter continuare (ahh l’età che brutta bestia!).
Carico di nuove forze e di nuove speranze per il sabato arrivo con la solita calma, anche se questa volta alle 22.30 lo spettacolo è già iniziato; i primi ad esibirsi sono i Poor Man Style che di certo dal nome non tradiscono nulla della loro provenienza. Sono italiani, di Torino, ma – come loro stessi dichiarano – hanno tutti origini terrone. Sul palco offrono un’ora e più di crossover/reggae con testi in italiano socialmente e politicamente impegnati. Stilisticamente ricordano i terronissimi 99 Posse (ospiti del passato giovedì sera) e i Sud Sound System.
Seguono uno dei nomi di spicco dell’evento, i Mr. T-Bone, anche loro italianissimi, a dispetto del nome, e attivi da vent’anni in tutto il mondo con il loro ska in uno stile che è stato portato alla ribalta da Giuliano Palma e i Bluebeaters. Estremamente precisi e con una vocalità molto adatta al genere, ma come personale appunto non molto trasportanti (i beat erano sempre contenuti, ci si aspettava sempre il momento frenetico che non è mai arrivato). Per non tradire l’aspettativa del pubblico, forse, sarebbero stati più adatti in una contesto meno folk.
L’ultimo artista della serata è lo sloveno Magnifico (questa volta che il nome è italiano, ironicamente non lo è la provenienza dell’artista) molto famoso in patria e oltre per il suo stile singolare: un’unione di musica balcanica con un inglese volutamente e forzatamente maccheronico, che crea una commistione molto particolare; la sorpresa iniziale però svanisce presto e lascia posto a una musicalità un po’ troppo uguale a se stessa e con poca voglia di cambiare. Una seconda serata più adatta all’ascolto quindi che al ballo sfrenato, ma conoscendo le potenzialità della situazione rimane un pochino di amaro in bocca (poco eh…).
Ultimo e più atteso giorno, la domenica, in cui è previsto il main event con Ambrogio Sparagna e la sua orchestra popolare con la partecipazione nientepopòdimenoche (permettetemi questa terribile espressione, ma lunga abbastanza da generare il ricercato effetto di suspance) di Francesco De Gregori.
L’ultimo giorno si comincia prima e quindi arrivo alle 22. Prima del piatto forte c’è sempre bisogno di un antipastino, all’occasione gentilmente offerto dai Capobanda, gruppo romano-irpino che propone un folk/pop cantautorale, e quando un mio amico mi dice “ma io questi li ho già visti, fanno la cover band di Rino Gaetano” tutto mi è più chiaro. In effetti i Capobanda girano l’Italia con il nome di ISeiOttavi riproponendo le canzoni del cantautore calabrese, e nella loro produzione di inediti questa influenza è molto evidente.
Si arriva finalmente al tanto atteso evento principale dell’AFF e Sparagna e De Gregori cominciano insieme con una particolare versione di alcuni versi della Divina Commedia musicati in taranta. L’effetto è piuttosto spiazzante e ricorda il De Andrè di S’i fosse foco e fa capire subito che del classico De Gregori ci sarà davvero poco. I due si alternano alla voce e sul palco, sempre con l’orchestra a farla da padrone e Sparagna molto bravo ad aizzare la folla (nessuna violenza eh); tra una taranta e un pezzo di De Gregori il concerto va avanti molto piacevolmente ma chi si aspettava un concerto classico del Principe è rimasto senza dubbio a bocca asciutta, perché sono state poche le sue canzoni e nessuna famosissima (Santa Lucia e San Lorenzo erano le più conosciute ma per me che sono un fan sfegatato, forse molti non le conoscevano nemmeno), e altre tre o quattro che non conoscevo nemmeno io (e che fan sei! – direte voi – eh avete ragione mi prendo meriti che non ho). Onestamente ho trovato molto bella l’unione e il concerto è stato senza dubbio di alto valore e poi è risaputo l’odio di De Gregori nel riproporre le stesse canzoni per anni, quindi è comunque da apprezzare questa sua continua ricerca e capacità di cambiamento.
Una tre giorni ricca di nuovi gruppi e nuove sonorità: anche quest’anno, a dispetto della presunta sfiga del numero dell’edizione, l’Ariano Folkfestival è stato un successo di pubblico e di musica e ha confermato il suo status di protagonista dei contest musicali internazionali.
Piegiorgio Castaldi