Following Friday

OUTSIDE THE FENCE

Alka Record – 2012

Pop-punk, un ossimoro talmente comune oggi da non essere più percepito come tale. Essere anticonformisti e conformati al paradigma pop, un’operazione che può riuscire soltanto se la ribellione promossa dalla sub-cultura resta in superficie, ferma nel perimetro del palcoscenico o entro la cornice del teleschermo. Una ribellione che non propone una sovversione culturale, ma una nuova variante alla moda dominante.

A rigore non si potrebbe neanche parlare di Moda. La Moda è costantemente alimentata dalla sperimentazione e dall’abbattimento di schemi. È ricerca immotivata del nuovo, espressione del dinamismo sociale, «metronomo dello sviluppo culturale», come la definisce Lotman. Il pop-punk, invece, è riconferma di paradigmi stilistici cristallizzati: non è stravagante, ma contempla versioni varianti di un unico prototipo postindustriale, la cui innovazione è solo apparente o posticcia. Con un altro ossimoro parlerei di una “personalizzazione di massa”, un procedimento simile a quanto avviene con le cover intercambiabili dei cellulari o con i template dei siti web.

L’estro di Vivienne Westwood non ha infatti, tra la sua illegittima prole, reali e validi termini di comparazione, ma solo avidi epigoni capaci di trovare la combinazione stilistica giusta per poter essere popolari e appetibili alle orde di giovani ascoltatori in cerca di idoli prêt-à-porter. Nessuna nuova idea. Il punk delle origini è ripreso nel tempo e reso via via più accessibile, edulcorato fino a divenire rassicurante, e così, a cavallo del Duemila, band come Blink 182 (ultima deriva del punk-rock californiano, sulla scia di Green Day e Offspring) o Sum 41 (espressione del focolaio pop-punk canadese, da cui emergeranno anche band come i Simple Plan) raggiungono le vette delle classifiche mondiali, acclamati dal fedele sbarbato pubblico, e s’impongono a modello non soltanto musicale.

È proprio quest’ultima la realtà musicale a cui i Following Friday guardano, e con molta probabilità aspirano. E non se la cavano affatto male. Le soluzioni ritmiche non hanno nulla da invidiare alle realizzazioni dei ben più noti e affermati gruppi nel genere. Le melodie risultano orecchiabili al primo ascolto, senza un particolare estro, e la voce da ragazzino spettinato è subito familiare. Anche per altri aspetti i brani si pongono immediatamente in stretta continuità con i canoni del suddetto ambito musicale, tanto che sarebbe un’inopportuna ridondanza offrirne in questa sede una più dettagliata descrizione (ed è per questo motivo che mi sono concesso – mi sia perdonato l’abuso – un’ipertrofica introduzione). Nessuna macroscopica particolarità da segnalare.

L’album è sicuramente consigliabile ai giovani fanatici del genere. Produzioni musicali di questo tipo negli Usa troverebbero un facile sbocco in colonne sonore di college-movie o video-game. In Italia il bacino non è altrettanto ampio: importare fedelmente una realtà musicale estera senza adeguarla alla dimensione culturale nazionale è per questo una scelta comoda ma rischiosa.

Il prodotto è ben confezionato, ben eseguito. Se son questi gli obiettivi della band e dell’apparato commerciale alle loro spalle, non se ne può certo parlar male.

VOTO: 5/10

Agostino Melillo