UPSTAIRS
Marvel Hill Records – 2012
Nicotine Alley è un bel nome. Evoca vicoli ombrosi affollati da hipsters festaioli (nel senso degno e legittimo che il termine aveva quarant’anni fa, non mi riferisco a qualche ricco ragazzino sfigato coi rayban arancioni), e vista la quantità di mozziconi che sta affollando il mio posacenere “palla-numero-otto”, direi che sono anche il gruppo più adatto da recensire in quest’afoso pomeriggio romano.
Upstairs è un disco breve e agile, che scorre tutto sommato piacevolmente dal dream-pop dell’iniziale Hey fino alla solare chiusura di More than alive, folk-rock à la Crosby, Stills, Nash & Young che evoca quiete autostrade californiane in decappottabile. Il gruppo di Paolo Mioni mostra di aver studiato e digerito le “lezioni americane” (non me ne voglia Calvino per l’utilizzo improprio), cimentandosi in una serie di prove che, seppur nel solco del rock psichedelico 60s & post-60s, offrono derive interessanti verso tutta una serie di stili e poetiche che di quella grande tradizione furono figli e sorelle. Sferzate punk, passaggi (apparentemente) sgangherati stile Velvet Underground e chitarre agrodolci fanno di The Man With a Hole In his Heart uno dei momenti migliori del disco, insieme a Wash, che con il suo massiccio muro sonoro rigorosamente overdriven si spinge negli eterei territori dello shoegaze. These Fields Of Gray è un altro dei momenti più brillanti dell’ascolto: morbida ballata slide con una chiusura graffiante che fa del pezzo un ibrido frankensteiniano del già citato Neil Young con gli (immortali) At The Drive-In.
Nel complesso il disco è un tributo all’analogico e al low-fi (che non è un insulto), e una ricostruzione praticamente filologica delle atmosfere dilatate che hanno ispirato recenti e interessanti riletture postmoderne (vedi Queens Of The Stone Age, Black Rebel Motorcycle Club & soci). Una passeggiata d’epoca fatta di cartoline scolorite e improvvise esplosioni d’energia. Vi lascerà con un buon sapore in bocca, ve l’assicuro.
VOTO: 7/10
Marco Petrelli