Al via la prima edizione di Sound Art Festival, il primo festival di motion graphics al mondo che riesce ad intrufolarsi nel Castello di Abbiategrasso e a tramutare un insulso venerdì di provincia in “place to be” che qualche sfigato dalla braghe larghe non tarda a etichettare come evento cool-turale. Alle 19.30 si inaugura la mostra “Video Sound Art”, arricchita dalla presenza degli artisti Daniel Rossa e Robert Seidel. Dalle scuderie si passa al cortile interno, dove alle 21.15 Mister John Grant calca il palco. L’ex frontman degli Czars è accompagnato dal fido Chris Cumberton al piano e synth. Strumentazione minimale per lasciare spazio alla voce profonda del protagonista, come a ricalcare un vissuto denso e traboccante di ricordi che bramano di emergere in ballate piano-folk. L’austero cantore dal cuore scuro delizia gli astanti suonando per intero il suo disco d’esordio solista “Queen of Denmark”, sparagliando certo l’ordine nei brani perfugare ogni celebrazione di sé. Su tutto spicca la profondissima “I wanna go to Marz” che come confida lo stesso John è stata ispirata leggendo il menu di una nota catena di dolciumi americani. Prende forma un party acido tra bambini di liquirizia, uomini-caramella e un pubblico silenzioso e rapito come abbracciato da un dilagante blob di marshmallow. Come se non bastasse il nostro incalza con Outer Space, ballata sentimentale dedicata a un amico astronomo definita dallo stesso autore come un brano che potrebbe sembrare mieloso. E in effetti possiamo capire che non sia facile per un tipo come Mr.Grant cantare “Because you can open up the heavens for me. With just one smile.” Ripetendo ad libitum queste parole con espressione facciale in stile Prosperini post-cattura. C’è spazio anche per qualche inedito, come la bella Vietnam, dove il silenzio tra gli amanti può diventare un’ arma di distruzione di massa portando morte e distruzione nella terra dei sorrisi estinti. Quadretti apocalittici dipinti dal nostro con un realismo spaventoso, brano su brano in arrampicata verso un climax di grazia sublime. Dopo un paio di cover degli Czars tra cui la stupenda Drug, dalla mente di Mister G. prende il volo uno stormo di lucciole: “Fireflies”. È un ricordo lontano che odora d’infanzia nel Mitchigan, di adolescenza nel Colorado austero di Arturo Bandini, dove i sogni devon prender troppa rincorsa per scavalcare le montagne. In chiusura “Little Pink House” contenuto manco a farlo apposta su Goodbye degli Czars. Un ricordo affettivo della nonna materna e la sua casetta rosa con le finestrelle blu, quasi a voler lasciare un’ immagine rasserenante dopo un oretta abbondante di tempesta emotiva.
Spazio ai sospiri dunque, protagonisti assoluti di questa notte deliziosa…
I wanna go to Abbiategrasso, where Green Rivers flow, and your sweet sixteen is waitin for you after the show, I wanna go to Abbiategrasso, you’ll meet the Goldust Twins tonight, you’ll get your heart’s desire, I will meet you under the lights.