Si è svolta a Nettuno la Fiera dell’Editoria di Poesia, o meglio un Festival dei Poeti che, quasi sottovoce e all’ultimo minuto, si è identificato con un’autentica maratona poetica, in termini qualitativi come pure rappresentativi. In tanti hanno affollato il palco nel cortile e le relative sale allestite oltre l’area espositiva editoriale, come pure diversi sono stati gli spazi riservati agli addetti ai lavori. Particolarmente seguiti, tra i tanti, gli incontri predisposti da Lietocolle, Linfera e Akkuaria. L’emozione di ritrovarsi insieme, scoprirsi e confrontarsi ha prevalso un po’ tutti nell’incessante andirivieni di persone che giungevano persino da Treviso, Venezia ed altre località, senza neppure porsi il pregiudizio poco poetico di non esser stati selezionati al concorso; questo, di per sé, è già un trionfo della Poesia. Esemplare in tal senso quanto ponderato da Rocco Paternostro, presidente della giuria di Detto-Scritto, sulla logica e lo spirito di un concorso. Spesso, infatti, una società mediatico-competitiva come la nostra non riesce più a intendere che chi vince non è “detto” che sia il migliore e, a maggior ragione, capace di testimoniare un futuro “scritto”, soprattutto quando si tratta di Poesia. Si rammenta che questo concorso si è distinto per la sua sezione performativa, parte integrante nel bando, ed è stato determinate nel creare quel clima osmotico e di continuità dello spettacolo poetico, che non è mai venuto meno. Il Tavolo dei Poeti, iniziativa che ha riscosso numerose adesioni oltre a quelle di Detto-Scritto, riporta ad un clima più equilibrato nell’interazione tra esordienti e professionisti ancora possibile, proprio come nel ’79, ma senza debordare in atteggiamenti equivoci. Se Tomaso Binga e la sua avanguardia espressiva sono di fatto evocativi dello spirito di tempi andati (ma sempre attuali), la trasgressione, con la relativa ricerca e il suo contraltare di dolore nel clima degli anni Settanta, viene ancor meglio incarnata da Antonio Veneziani mentre ripropone il suo Brown sugar, significativo poemetto d’epoca ripubblicato da Castelvecchi nonché corpo integrato in una beat generation praticata più che elaborata in seno alla cosiddetta scuola romana, a partire dai contenuti, dal poeta italiano, a tutt’oggi, tra i più vicini a quel mondo. Chiara Daino, della sezione del quartetto performativo, ha interpretato la forma trasgressiva di anni ed esperienze ben più recenti e che vogliono ricondurre, nella provocazione, la destrutturazione della forma verso una rievocazione teatrale di un ruolo poetico dissociato ma nondimeno saldamente presente, vissuto nelle amplificazioni di tensioni emotive attraverso un logorroico, ma a tratti anche estatico, delirio versificato in dialogo. Quinta lirica, sezione coordinata da Francesco De Girolamo nel pomeriggio del sabato, ha visto emergere le istrioniche e sarcastiche stravaganze comico-poetiche di Matteo Capogna che, per certi versi, ricordano un Corbière fuoriuscito oltre un’ipotetica linea sancita da Castel Porziano. Nondimeno, alla stessa stregua di ben altri percorsi già scorsi su due ruote nella sempre feconda e creativa Sicilia, torna la tradizione dei cantastorie, con Giovanni Di Salvo e il suo Meli e Feli. A tal proposito, anche in una sezione video, compariva un debito omaggio etimologico sulla CicloPoEtica durante la prima delle tre giornate no-stop trascorse insieme. Complessivamente si è trattato di una manifestazione che, nelle sue circostanze poetiche, ha saputo spontaneamente determinare precise etiche, a partire dall’originalità dei contenuti e senza prendere a prestito o pretesto, parafrasando, altrove. Molto gradito, anche per il collegamento realizzato in streaming, il laboratorio poetico di Letizia Leone, seguito da più persone che con lei hanno informalmente interagito godendo anche della simultaneità di più eventi, a partire dalla Sala del Camino, perlopiù utilizzata per una serie di videoproiezioni a tema, ma anche mostre e istallazioni, come quelle situate nello spazio de Le Casette e che, tra gli altri, hanno visto protagonista l’emblematica flemma del deflagrante estro di Gianni Piacentini. Emily, Gabriella e le Altre, conversazione con Gabriella Sica, ha contraddistinto la sezione che prende spunto da una recente opera dell’autrice aprendosi per andare oltre i confini della pubblicazione, a partire dalla stessa Dickinson che, nelle “Altre”, vede correlate evoluzioni delle poetiche al femminile del Novecento, ma anche importanti ascendenti come la Bronte e la Barrett. Una poesia che, soprattutto, è espressione di dignità e libertà al femminile e già ai tempi, la Dickinson, per preservarla non esitò ad evitare pubblicazioni. Nel frattempo il mercato editoriale è divenuto alla portata di tutti nella lusinga della facile pubblicazione, mentre la poesia, per sua natura, non ha mercato ma soltanto una lunga gestazione di tempo che ne filtra sporadici, postumi clamori. Quello dell’editoria, peraltro, è un dibattito che non solo ha avuto luogo attraverso specifici interventi volti al coinvolgimento del pubblico, come quello di Beppe Costa e Monica Maggi, ma anche tramite i social network, in un vivace ed aperto confronto comunque finalizzato al dialogo nella poesia da parte di tutti. Con Lidia Gargiulo e il suo raffinato e semplificativo gusto alla rivisitazione dei classici ci si è avventurati, con l’intramontabile Catullo, negli inevitabili nodi e le nuove opportunità che caratterizzano da sempre la traduzione, per entrare in un mondo che, nella grande tradizione, si è cinto di un’aura di eterno nell’integro effluvio poetico che lo preserva, proprio di quel carattere di unicità non riproducibile a banale uso e consumo, così come lo stesso Benjamin già avverte nel dilagare di una società di mercato sulla produzione artistica. Dante Maffia, insieme a Giorgio Linguaglossa e Maria Teresa Ciammaruconi, hanno ulteriormente intensificato un complessivo coinvolgimento nonostante un insidioso sole pomeridiano che, a dire il vero, non è quasi mai mancato a coronare questo evento di fine stagione. Un dibattito suggellato dall’incipit de La Biblioteca di Alessandria, con versi capaci di una grande tensione evocativa e visionaria intervallati da digressioni a tutto campo su poeti e intellettuali che hanno animato la più vivida Roma nel corso degli anni Settanta. Attraverso Dario Bellezza e Gregory Corso, ormai accumunati dalla stessa terra ma non del tutto sottratti all’oblio dei più nel cimitero degli Inglesi, sono scorsi, inevitabilmente, i riferimenti più sentiti. Numerose sono state le positive testimonianze di critici, poeti e semplici intervenuti giunte agli organizzatori e, sia per spazio che per organicità del discorso, ne vengono riportate solo alcune parole che lo stesso Maffia ha voluto tributare alla manifestazione, possibile sintesi di un comune auspicio per future premesse. “In tre giorni avete mosso mezzo mondo creando un interesse e una partecipazione che sono davvero cose rare oggi che l’indifferenza verso l’arte è quasi trionfante”. “È stato un bel tuffo in un mondo che andrebbe sempre più vivificato e reso visibile”. Se Castel Porziano, nella memoria dei più datati come pure nell’inconscio di chi non c’era, ha rappresentato di per sé un ideale nel vuoto comunicativo con la platea poetica susseguito, a Nettuno ci sono stati tutti i segnali di un risveglio compartecipato per la poesia contemporanea.
(Enrico Pietrangeli)