Intervista Betzy

Immaginate di vivere delle strane avventure, al limite del surreale, e di raccoglierle in un diario che arrivando nelle mani giuste dà vita a canzoni d’amore dal sapore di un vecchio blues…questa è la storia intensa di “Romancing the bone”, disco di enorme fascino e sensualità…ora ricominciate da capo considerando la seguente chiave di lettura: il diario di cui stiamo parlando è Betzy, le avventure quelle del giovane “peccatore” Frank McKlusky alle prese con intrighi passionali e maldicenze varie a cui sopravvive bevendo whiskey, contro la volontà del Reverendo Crawford… Fautore di tutto è Fabio Cussigh, artista visionario della fotografia e mente scatenante dei racconti che giunti tra le sapienti “mani” di Ru Catania hanno dato vita alle 11 tracce del disco che sancisce definitivamente l’esistenza di Betzy come entità musicale. Leggendo sicuramente vi renderete conto del perchè ci siamo così tanto appassionati all’ecletticità dei due artisti e vi verrà voglia di ascoltare immediatamente “Romancing the bone” fino allo sfinimento…intanto vi diamo lo spunto per farvi quattro risate ma soprattutto per riflettere…e chissà che non ve li ritroviate in salotto ad improvvisare un concertino…

Devo dire che il progetto Betzy è uno dei più strani con cui ho avuto a che fare e non vi nascondo che inizialmente pensavo si trattasse di una leggenda metropolitana. Una storia che passa da una mano all’altra acquistando poesia e rivestendosi dell’atmosfera “triste” propria del blues. E’ andata veramente così?
Fabio Cussigh: La domanda che mi fai mi porta a pensare quanto siamo ormai abituati a sentire mucchi di palle ogni santo giorno, ci raccontano bugie su ogni cosa e anche se sono convinto che alla gente piaccia credere alle favole ti assicuro che in LadyLovely non si raccontano bugie, la storia è proprio quella.
Ru Catania: Non so a cosa tu ti riferisca. Io e Fabio siamo amici da molti anni ma non avevamo mai suonato insieme. Un giorno è partito per le Americhe e ne è tornato un anno dopo con una dozzina di brani scritti. Mi sono piaciuti e gli ho chiesto di poterci mettere le mani sopra, producendo l’album nel mio studio a Pomaretto. Lavorare con Fabio è stato bellissimo, ha un sacco di idee, una massiccia cultura musicale e il suo essere fotografo lo porta ad avere una visione del singolo brano diversa dalla classica visione del musicista o produttore. Ha una visione più a episodi, più cinematografica e romantica. Il mio compito è stato quello di fare sì che gli episodi appartenessero alla stessa serie e che risultasse un lavoro omogeneo nonostante le infinite citazioni.

Romancing the Bone suona come un disco retrò, una fiaba romantica d’altri tempi. Cosa spinge degli artisti giovani a creare qualcosa di simile?
F.C.: Il mio pensiero è molto semplice, con il passare degli anni le nostre abitudini sono cambiate, il consumismo ci ha spinti a circondarci di cose inutili, nella maggior parte dei casi dettate dalle mode, Romancing the Bone è un album che ha semplicemente preso ciò di cui aveva bisogno, da diverse epoche, da diversi stili musicali, abbiamo lasciato a casa i dettami imposti dalle voghe e abbiamo cercato di lavorare al meglio su ciò che consideriamo vere e proprie fondamenta. Ne è venuto fuori che se devo indossare delle scarpe da uomo di certo non vado a comprarmi quelle pseudo scarpe da ginnastica che fingono di essere eleganti e che appaiono eleganti alle persone solo perché qualche arricchito di cattivo gusto le indossa, a mio parere la classe non ha tempo, ecco perché se non posso crearne di più eleganti mi appoggio ad un gusto retrò.”
R.C.: A parte il fatto che ti ringrazio, ma io e Fabio siamo del 1976, quindi come dire, non siamo un pecorino stagionato, ma neppure una ricotta fresca. Molte sonorità di Betzy riportano ad atmosfere già ascoltate centinaia di volte, ma non suonano come un plagio. In alcuni momenti, mixando il disco, ho avuto l’impressione di essere davvero vicino a un certo immaginario, ogni volta diverso. Le musiche di Fabio prendevano forma poco a poco, e da sfocate diventavano sempre più definite, proprio come quando da piccolo guardavo le foto che mio padre metteva a mollo nelle bacinelle in bagno al buio, solo con una lampadina rossa. Solo che poi con Betzy mi ritrovavo a dire Cazzo, ci siamo quasi… Sembra… sembra… sembra proprio… non lo so. Sembrava tutto. Perché appunto in nessun caso Betzy é il plagio di un singolo brano, ma invece spesso é l’immaginario di qualcosa che appartiene al nostro dna musicale. A questa parte più evocativa va comunque aggiunta la parte più moderna ed elettronica di produzione, che ha il suo peso a fa sicuramente riferimento ad artisti più contemporanei, da Beck in poi, questo evita a Betzy di scadere nell’esercizio di stile. La prima cosa che ho detto a Fabio è stata che i suoi pezzi rock erano perfetti, ma che certo non saremmo potuti uscire nel 2010 con un disco alla Lynyrd Skynyrd.

Cosa dovrebbe comunicare il disco a chi lo ascolta?
F.C.: Ho un amico gay che ha una casa piena di quadri che ritraggono nudi femminili, gli piace il corpo della donna nelle sue fattezze ma se gli dai un paio di tette in mano penso che non saprebbe che farsene. Come per le tette, secondo me, anche la musica comunica sensazioni ben diverse a seconda di chi l’ascolta, certo è che se dovessi raccogliere in un concetto quello che mi piacerebbe comunicare, sicuramente lo farei usando un vecchio detto americano: Life is hard and then you die!
R.C.: Ogni risposta sarebbe presuntuosa, credo che un album debba comunicare sé stesso e basta, ci siamo messi nei panni di noi stessi e abbiamo fatto un album che ci piace, non ci siamo posti il problema di cosa dovesse comunicare. Posso dirti cosa provo io, ma non cosa dovrebbe provare il pubblico.

Ormai lo posso dire chiaramente, io l’ho amato dalla prima volta che l’ho ascoltato e dalla prima volta mi ha subito richiamato alla memoria qualcos’altro… A cosa o a chi vi siete ispirati durante la sua “creazione”?
F.C.: Nessuno di noi si è messo a tavolino cercando di trovare un filo conduttore o un idea musicale dalla quale prendere ispirazione, quando io ho scritto le canzoni l’ispirazione c’era già e quindi più che altro la chiamerei una serie di influenze che mi hanno portato a scrivere in una certa maniera, per Ru penso sia accaduto lo stesso, curava la produzione dei brani e poi mi guardava dicendo: Minchia, sembra una chitarra di Bowie…
R.C.: Sicuramente alla patata, ma direi che è una cosa inequivocabile sin dalla copertina.

Cosa rimane da dire ancora su questo piccolo capolavoro?
F.C.: Ti ringrazio per il piccolo capolavoro ma penso che se c’è ancora qualche cosa da dire, spetti a coloro che lo ascolteranno.
R.C.: Che ho la spiacevole sensazione che ci stiano già aspettando al varco col secondo album. Molto probabilmente ci sarà un secondo album, ma non ho nessuna intenzione di superare il lavoro fatto col primo. Romancing the Bone è un album riuscito, questo è il mio pensiero, quindi un ipotetico secondo album non dovrebbe aggiungere né togliere nulla a questo dato di fatto. Fabio è un fotografo, Romancing the Bone sono 11 fotografie. Per me rimangono undici bellissime fotografie, indipendentemente da quanti concerti abbiamo fatto e come, dalle formazioni, dalle mosse future, dalle vendite che nessuno ormai si aspetta.

Il primo disco non si scorda mai… Qual è stato il primo disco che avete acquistato?
F.C.: Il primo disco che ho acquistato di certo non ha nulla a che fare con il disco preferito o con il primo disco che ti ha fatto innamorare, è solo il primo disco che hai pagato con i tuoi soldi e se non sbaglio era la cassetta di The Seeds of Love dei Tears for Fears, era il 1989 e avevo tredici anni, stavo andando a Salisburgo con i miei genitori, mio padre mi stava rompendo le palle perché me ne stavo chiuso nel mio walkman così, visto che sapevo che i Faith No More non erano proprio il suo genere, quando ci fermammo all’autogrill comprai la cassettina di The Seeds of Love, con i soldi della paghetta suppongo, la ascoltammo sullo stereo per tutto il viaggio, ho un ricordo magnifico di quell’album.
R.C.: Bella domanda. Il primo che mi hanno regalato me lo hanno regalato i miei genitori, Lick it up dei Kiss, avevo credo otto anni. Siccome ho sempre avuto la fortuna di avere musica in casa non ho un chiaro ricordo del mio primo acquisto. Potrebbe essere forse la cassetta di Ride the Lightning dei Metallica.

Già che ci siamo, parliamo di contaminazioni musicali: che musica ascolta “Betzy” e con chi vorrebbe collaborare?
F.C.: Non penso che mi piacerebbe collaborare con nessuno, per il semplice motivo che non essendo un vero musicista mi sentirei sempre un somaro al traino, non riesco a sognare così in alto, ti posso dire però che mi piacerebbe potare le rose con Sir Paul McCartney, mi piacerebbe sbronzarmi di whiskey con Willie Nelson, mi piacerebbe andare a cena con Paul Simon e se è vero come dicono che è ancora vivo e si nasconde alle Hawaii… mi piacerebbe farmi un daiquiri con il re.
R.C.: Ti racconto una cosa: Ho trascinato Fabio a due concerti: il primo gli Arcade Fire, lui non l’ha capito, io sbavavo dal piacere. Il secondo i Motorpsycho, Fabio al secondo pezzo era già seduto al bancone con l’iPhone in mano a guardare le previsioni del tempo. A parte queste due pecche, per tutto il resto abbiamo gusti simili. Per le collaborazioni mi pare presto, io e Fabio siamo ancora innamorati, bastiamo a noi stessi.

Chi vorreste venisse a vedervi/sentirvi suonare?
F.C.: Visto che se dico Eric Clapton o un sacco di donne nude la cosa appare comunque improbabile, lascio a te la scelta.
R.C.: Silvio Berlusconi, per suonargliele di santa ragione.”

Live dove potremmo venire a sentirvi?
F.C.: Passo la palla a Ru…
R.C.: A casa vostra! Scriveteci a label@ladylovely.com

Progetti in cantiere?
F.C.: C’è un po’ di roba che bolle in pentola, se riusciamo a cucinarla penso che la chiamerò Sheppy Style. Aloha baby!
R.C.: Il secondo, tragico Betzy, ovviamente. E se ci riesce, allargare il roster Lady Lovely a un gruppo americano che mi piace un sacco.

(Maruska Pesce)
Un ringraziamento particolare a Barbara Santi senza la quale non avreste potuto leggere questa intervista.

Per saperne di più: www.myspace.com/betzybetzy