Non è solo la morte dei miracoli il problema.
Qui si procede tra immagini infinite che ci clicco pure sopra,
ma la realtà non è touchscreen.
Il ripercorrersi di mille scene,
che alcune onestamente potevano anche tagliarle.
Ma quale film americano?
A me sembra una telenovela di serie c,
in cui io sono uno stupido messicano innamorato.
La vita ci ha preso e ci ha preso in giro,
corazòn ingrato.
Le mie lettere dall’inferno lastricato di interpretazioni autentiche.
Le buone intenzioni che non hanno mai sfornato santi.
Mille parole, inutili, mille romanzi d’aria,
posso mica iscrivermi al feed dei tuoi pensieri?
Dovresti tenermi aggiornato sulle tue considerazioni.
Cercando la felicità nei cassetti vuoti delle stanze abbandonate,
dentro ai romanzi vecchi, prototipo d’immortalità
con l’inchiostro più che scolorito, più che scolorito.
Che cosa le costruisco a fare le mie potentissime macchine da guerra?
Se tu prima ti metti le sciarpette per fare la pacifista,
e poi te ne tiri fuori dicendo di essere neutrale.
La tua pace fredda,
aveva lasciato a me il colpo in canna e a te il cuore in gola.
Domani in edicola esce una mia poesia, sai?
Parla di te. Magari te la mando per email,
se non hai soldi per comprarla.
Secondo te dovrei disperarmi perché la società,
la società va avanti mentre io resto fermo su me stesso.
Forse non hai tutti i torti. Forse sto davvero sprecando tutto:
soldi, tempo, fortuna, giovinezza, suole di scarpe, amici.
L’ amaro in bocca che ho da giorni,
sarà lo zucchero sedimentato sulla lingua dei miei discorsi smielati
che non sono riuscito a farti.
E ora hanno fatto la muffa.
La mia stanza diventata vasca da bagno piena di trinciato.
Questa città, questa gente che vive. Esiste. Va in giro, intrallazza.
Un sacco di cene con amici e parenti.
E io a guardare. A odorare gli angoli dell’esistenza, come un cane.
A cercare odore di piscio e merda. Dove poter sporcare a mia volta.
Questa città piena di turisti. Dove si respira quest’aria inconcludente,
che alla fine fa sentire sempre in vacanza anche me.
Il sadico ha perso il suo viatico,
e ora è anche senza il mestiere di vivere.
E’ inutile che si getti pane ai non udenti,
lascia che venga in fiore chi non porta dolore,
chi ne ha preso troppo e non vuole,
come il sole che in un soffio gira il mondo,
come un mare che più che per effetto farfalla,
per effetto goccia,
sposta i continenti.
Superfici addormentate,
analfabeti che rincorrono un destino.
Se il bene è quello che ci proviene,
che si inculino a forza di autodistruzione,
a forza di rotaie di sangue,
treni che perdono stazioni,
stazionano in procinto di un allarme,
che se parte e partirà,
L’aria è l’unica cosa che ci unisce,
e gli astrologi ci dicono che l’acqua ci attira l’una all’altro,
che siamo direttamente proporzionali alle nostre masse,
e inversamente proporzionali alle nostre distanze.
Anche la fisica a suo modo è un’educazione.
Passa la parola, che non passa mai.
Liberi di essere e di scegliere,
cosa sia il fulcro non è lucroso saperlo,
ci si può benissimo girare intorno.
Due rime valgono più di una poesia.
Una poesia può valere per due righe.
Pensare fa male.
Liberaci dal male e soprattutto dal bene,
e da ogni convenzione,
lascia perdere la sociale appartenenza,
e non ripetermi che un impiegato guadagnerà sempre più di me.
Ogni battistrada è una cunicola di droga,
e se l’eroina non è più in voga,
perché mai non si fa un monumento ai caduti,
anche loro sono morti per un’idea che non va più di moda.
L’ideale non si loda ma si goda,
polvere d’acciaio in pilastri di stelle,
relativismo di altalene altisonanti,
a me è rimasta solo la tua bacheca di Facebook.
A farmi compagnia,
non importa,
due rime non valgono una poesia,
una poesia vale per due righe.
Fate la guerra senza farne un amore.
(Sacha Biazzo)