Everett True è nato in Gran Bretagna nel 1961 e scrive di musica dal 1982. Nel tempo ha lavorato per pubblicazioni come NME, MELODY MAKER, VOX, VILLAGE VOICE e PLAN B. Nei primi anni ’90 si spostò a Seattle, ed il suo operato rese noto al mondo intero il “sound grunge”. Strinse amicizia con le figure chiave di quella scena e ad oggi viene spesso ricordato per avere spinto Kurt Cobain in sedia a rotelle sul palco del Reading Festival nel 1992. Adesso vive in Australia e qualche mese fa le nostre strade si sono incrociate. L’intervista che segue è il primo di una serie di approfondimenti sullo stato della musica nell’era web 2.0 che verranno pubblicati su www.raisingrealrecords.com
Preferisci che ci si riferisca a te come Jerry Thackray o Everett True?
Vanno bene entrambi, ma suppongo che in un contesto pubblico la maggior parte della gente mi conosca a causa di ciò che scrivo, quindi Everett ha più senso. A volte mi sembra un po’ sfrontato se la gente usa il mio nome vero… come se non ne avessero il diritto.
Lo pseudonimo ti ha consentito di esprimerti pienamente, o sarebbe stato lo stesso senza?
Ho usato diversi altri pseudonimi (il più celebre dei quali era THE LEGEND! negli anni ’80, su NME etc) ma sì, è il caso di tenere a mente che scrivere – come ogni arte praticata nella pubblica arena – è in parte una performance, quindi è giusto avere un personaggio nel quale potersi calare a piacimento. Un tempo ognuno dei miei personaggi era ben distinto dall’altro: adesso è tutto piuttosto sfumato e non penso faccia più differenza.
Sai chi è Richard Bachman?
Jonathan Livingstone Il Gabbiano… no, quello era Richard Bach. L’ho cercato su Google e adesso so chi è.
Qual è stato il tuo primo disco in assoluto, e cosa ne hai pensato dopo averlo ascoltato fino in fondo?
Se intendi qual’è stato il primo disco che ho mai comprato, era il 12 pollici dei SEX PISTOLS (con Ronnie Biggs), THE BIGGEST BLOW. Mi sono avvicinato alla musica pop/punk piuttosto tardi, avevo 17 anni, e fu una scelta piuttosto forzata tra l’apprezzarla oppure perdere i miei amici. Non ero molto bravo a farmi amici, quindi scelsi la prima opzione. Quindi ero vecchio abbastanza da sapere che il primo disco che avrei comprato sarebbe stato qualcosa che mi avrebbero chiesto negli
anni a venire, e scelsi in base a questo. Vorrei non averlo fatto. E’ un disco stupido, il gruppo non mi piace neppure particolarmente, e il primo disco che in effetti avrei voluto comprare era decisamente più figo (DENIS di BLONDIE).
Quando hai cominciato a scrivere musica, e quando hai cominciato a scrivere di musica?
Ho avuto un’educazione classica, quindi parlando terra-terra scrivevo musica (come parte dei compiti a casa per la scuola) da quando avevo 13 anni. Questo è un po’ troppo letterale. Ho formato un “gruppo” coi miei amici quando avevo 16 o 17 anni – prima che avessi persino comprato un disco, come si può notare. I miei amici ascoltavano roba esoterica come THE RESIDENTS, RAMONES e THE FALL. Quindi la musica era tutta incentrata su pifferi (quelli in cui si soffia dentro), chitarre con bacchette per batteria in mezzo alle corde, registrazioni davvero scadenti e pianoforte. Chiamarono la band BLOWJOB. Ero così ingenuo che gli credetti davvero quando mi dissero che il nome era dovuto al fatto che soffiavamo dentro ai pifferi. Scrissi il nome del gruppo dappertutto sui miei libri di scuola e non capii il motivo per il quale fui schiaffato in punizione dai miei insegnanti.
Ho cominciato a scrivere di musica intorno al 1982, quando Alan McGee mi chiese di contribuire ad una colonna tutta incentrata sulla musica che odiavo (si chiamava THE SOUND OF MUSIC, dal mio film preferito) sul primo numero della sua fanzine, COMMUNICATION BLUR. Non riuscivo neanche a mettere insieme una frase, quindi usavo tonnellate di punti esclamativi per controbilanciare le altre carenze. Finimmo col litigare un po’ di anni dopo, e quindi continuai pubblicando la mia personale fanzine, THE LEGEND!
Hai qualche scrittore preferito? non solo nella critica musicale, intendo.
I soliti: Graham Greene, John Buchan, Michael Moorcock (quando ero adolescente), Paul Morley (idem), John Berger, Elmore Leonard, CS Lewis (quando ero pre-adolescente), George Orwell, Charlie Brooker, Harlan Ellison (quando ero adolescente), Phillip Pullman, Alan Moore, Eddie Campbell, JD Salinger… cacchio, adesso voglio continuare l’elenco per non lasciarne fuori nessuno: non ci sono donne nella lista, e questo non va bene. Roberta Gregory, Jane Suck, Sally Margaret Joy, Jessica Hopper. Sono molto più influenzato dalla creatività femminile rispetto a quella maschile.
Stai considerando lo stato della musica nel 2009 da una prospettiva piuttosto particolare, e la tua recente attività online sta approfondendo la questione proprio in questi giorni (con la tua serie di articoli su DROWNED IN SOUND e nei tuoi blog): quali sono i tuoi pensieri su tutto questo casino?
Questa è una domanda che coinvolge molti aspetti. Ti dirò questo. C’è un fondamentale errore di calcolo circa il web 2.0: i commentatori pensano che incrementi la scelta. Sbagliano. La scelta viene ridotta. Adoro il fatto che abbia reso l’arte e la musica e tante altre cose accessibili a tutti, SOLO SE SEI PREPARATO A FRUGARE IN GIRO e sai come farlo. Odio il fatto che ha reso arte e musica e tutto il resto accessibili a chiunque.
Si dice in giro che adesso chiunque è un critico. Ma non è sempre stato così? Non si dice invece (ma si dovrebbe) che ognuno è un musicista. Ma non è sempre stato così? O c’è un diverso livello di perizia richiesto per diverse forme d’arte?
Come descriveresti l’esperienza di PLAN B? Ti ha insegnato qualche lezione?
Uhm, non c’è nulla da descrivere – non proprio. PLAN B era un magazine auto-finanziato che è sopravvissuto per diversi anni, inseguiva la propria linea editoriale e non faceva particolarmente attenzione a problemi di marketing e pubblicità. Non sono così tutte le riviste? La lezione che mi ha insegnato è stata, si, certamente: è davvero possibile produrre un magazine come quello e persino pagare i membri chiave dello staff con abbastanza soldi per tenerli a stomaco pieno se è questo quello che si vuole fare. Non ho mai capito quello che sembra essere l’approccio comunemente accettato alla pubblicazione di musica e riviste: è molto più semplice (e divertente) produrre buona musica e buona scrittura rispetto a quella cattiva, quindi perchè non lo fa più gente? Tutto quello che devi sapere è cosa lasciar perdere.
THE TRUE STORY (la biografia dei NIRVANA scritta da Everett) termina con toni piuttosto tetri… ma la realtà dimostra che le tue ultime righe non erano proprio la verità circa la tua relazione con la musica… che cosa succede?
Quel libro fu scritto quasi dieci anni fa. Oh aspetta, no, non è vero. La fine di quel libro si basava su un altro libro scritto quasi dieci anni fa. Avrei potuto rendere la fine più allegra ed ottimistica, ma in ultima analisi ho scelto di concludere la storia all’ovvio punto di chiusura (più o meno) e… (fa’ spallucce)… non mi sembrava meritasse una fine più allegra. Tristemente, non sono stato in grado di fare quello che Charlie “adoro Bruce Springsteen, io” Cross ha fatto nel suo tomo mitologico, il pronto-per-hollywood HEAVIER THAN HEAVEN, cioè trasportare me stesso nella testa di un uomo che stava per uccidersi. Quindi ho dovuto arrangiarmi con quello di cui disponevo ed ho puntato ad una approssimazione della verità.
A tuo parere, quale sarebbe il compito di un critico musicale appassionato? C’è qualcosa che un critico non dovrebbe fare mai?
Nell’ordine: dire la verità; stringere amicizia con altri critici
;dimenticarsi che sta scrivendo dell’industria dell’intrattenimento; discutere della musica; scrivere per qualche pubblicazione che disprezzano; essere non meno che emozionalmente coinvolto dalla musica che sta esaminando; cominciare a credere alla propria parola stampata; cominciare a pensare che le sue opinioni siano più significative di quelle di qualcun altro; leggere i comunicati stampa; scrivere liste!!!
Quale sarebbe invece il compito del musicista appassionato?
Mai dimenticarsi che se sei sul palco stai suonando per un pubblico. E’ l’interazione tra l’audience ed il performer che definisce la musica molto più degli intenti che stanno dietro alla musica.
Come hai cominciato THE LEGEND!? Sembra che sia piuttosto occupato di questi giorni, quali sono i tuoi piani per il futuro?
Non ho mai avuto piani per il futuro. Mi piacerebbe averli fatti. Non ho neppure cominciato io. Fu uno scherzo, uno scherzo crudele giocatomi da alcuni amici ben intenzionati ma crudeli. Senza THE LEGEND! avrei… sai, non ho davvero idea di come la mia vita sarebbe stata senza. Non ho una formazione, non ho particolari abilità (sono stato un merdosissimo pulitore e tecnico di stampa per diversi anni negli ’80). Uomo sopravvissuto. Non ho mai avuto una rete di salvataggio.
Hai mai letto qualche recensione sulla tua musica, e quali sono state le tue reazioni? qualcosa ti ha mai fatto incazzare?
Si, ovviamente ho letto recensioni sulla mia musica, le rare volte che sono state scritte: la maggior parte delle volte riportano che sono Everett True e che ero solito passare il tempo con un paio di persone famose e che sono vecchio e un po’ strambo e un po’ grasso e dico cose a caso, e quando hanno scritto tutta quella roba è finito lo spazio per scrivere qualcos’altro. Sono mai stato incazzato per qualcosa che è stato scritto sulla mia musica? Uhm, in realtà non penso in quella maniera…
Quali sono i tuoi pensieri su scene musicali, chi ne fa parte, sessismo e pregiudizio? so che nel tempo hai sempre espresso intenso supporto alle donne che fanno musica…
Omofobia, sessismo e razzismo mi annoiano… a meno che il contesto possa essere divertente. Lo è molto, molto di rado – e se lo è, di solito c’è un’idea dietro, ed è fatto con intelligenza (e tuttora credo in maniera irremovibile e piuttosto ingenua che la gente davvero intelligente non possa essere nulla di simile ad un omofobo-sessista-razzista, anche se tutte le prove dimostrano il contrario). Adoro le scene musicali e chi ne fa parte: questo è tutto ciò che rappresenta il rock’n’roll e sarebbe stupido negarlo. Ho fatto parte e sono stato un affiliato di diverse tribù ai miei tempi. Supporto le donne nella musica perchè sembra che il 98% dei miei contemporanei supportino piuttosto deliberatamente l’altro sesso: ed una posizione in opposizione è spesso più divertente. Inoltre (per fare una grossolana generalizzazione), preferisco il modo in cui le donne cantano e suonano.
(Massimo Usai)
Per saperne di più: www.everetttrue.blogspot.com