Siamo Sumo

Attenzione: questo è un bacio. Ma visto da dentro. Non l’ha mai visto nessuno da questa angolazione. Immagina la ripresa fatta da un molare. Pensa all’ugola ballerina messa proprio lì al centro, eccentrica con la sua presenza che urla, s’alza e s’abbassa. Ci sono i denti di balena che s’aprono a ventaglio, che spalancano per far posto. Prego, signori, accomodatevi. La testa si piega di lato. Come un parcheggio fatto in retromarcia con la sicurezza di un esperto pilota e l’attenzione ai piccoli movimenti rituali del principiante. Che non s’impara mai. S’inclina il collo, si socchiudono gli occhi. Solo adesso entra la lingua. Timida, leggera. Una punta soltanto. Sembra un dito di bambino che infila la piccola falange nel recinto delle anatre. E ride perché gli uccelli sono lontani. Una punta poi, a passi microscopici in un tempo fermo come le nuvole di novembre, uno scatto al rallentatore, un fermo immagine che proietta una murena che esce dal suo buco per cercare altri ripari. Confortevoli, certo. Un paguro che cambia conchiglia. E lì incontra un altro suo simile. Il primo limare è di studio, palleggi di circostanza, scarti di lato di conoscenza. Entra ed esce. Dentro e fuori. A che gioco giochiamo. La danza piroetta, la lotta greco romano impantana, il sumo alza e poi schianta. Il pistone cerca il suo petrolio salivoso che inumidisca il vortice umido. Il triangolo rosso spinge come per trovare finalmente la fine, la conclusione della grotta, andare a scovare tra i denti, nelle gengive i segreti di quel piacere bagnaticcio come i piedi nel bagno maria i primi giorni di aprile su un arenile molle, quasi sdrucciolevole, un terreno a cui accostarsi con cura, prima all’esterno con piccoli cerchi, con ruote di pavone, con giri su se stessa, danzatrice di un caschè impulsivo, di labbra chiuse con la colla per non far uscire nemmeno un lamento, un sospiro, un lieve godimento. Tutto dentro, egoista. E che gli altri guardino pure. Non vedranno che due teste. Piegate.
(Tommaso Chimenti)