North Pole
(BellBeat)
Come una partita di pallone. Un 2008 che rasenta uno scialbo 0-0 e al 90’ arriva un gol di testa su palla inattiva. Così, ecco questo colpo di frusta in un’annata discografica debosciata e infruttuosa. Si tratta di una vecchia volpe della scena scozzese, si chiama Paul Quinn e suonava la batteria con i Teenage Fanclub, band seminale del sottobosco Pop dei 90’s. Quinn lascia la band nel 2001 e affiancato da vecchi amici come l’ex Oasis “Guiggs”, inizia a lavorare alle proprie composizioni. Con spirito e dedizioni, umili bozzetti twee-pop si mutano in stratosferiche ballate alt rock, riprendendo le fila distorte dei BMX Bandits e riportandole ai Lemonheads dal mood malinconico. Mr. Quinn, artigiano della melodia, arriva al terzo disco “solista” e lavora 10 tracce come a ricreare un’eterna primavera della melodia scanzonata. Frugando tra le vecchie glorie del pop sbilenco, l’autore riesce a dare dimensione limbica al revival del revival popolato da Cast, Space, 18 Wheeler e JJ72. Il disco si schiude con il piglio rancoroso del ricordo sentimentale: “I wonder what you’re doing now/ When you have a moment to spare/Do you ever thinks of time we shared?” il tuto cantata con fare disincantato e distante ma così terribilmente a fuoco nel circuito emozionale di chi ascolta. Un disco che non teme di mettersi a nudo per cercare, senza pudore, la verità (“So Much to Find”); un disco che non teme il confronto con gli scheletri del passato; un disco che supera l’arte ludica del fare musica per adibire il proprio suono una timida ragione di vita. Il mestiere della canzone orecchiabile! Tra polversose arpeggi morriconiani “Same Old Story” e attacchi al fulmicotone a la Replacements di “Lost & Confused, rimaniamo letteralmente estasiati nell’esperienza-ascolto. Ecco l’esempio fatto a disco del “bacio di Glasgow”, una sana e corroborante craniata sul naso. Cola sangue dolce-amaro e si spande nell’aria il lezzo della violenza melodica aromatizzata al cardo!
(Tum)