A cavallo della pinna c’è un lungo sorriso che taglia la prua del muso che fende veloce l’acqua. La schiuma salta sulla pelle liscia, slitta fino alla coda a timone.
Da scorribande astute, da deviazioni rapide, da improvvisi cambi di marcia. Sempre a becco in sù, a salutare un’altra barca che taglia la rotta.
Sono vicini alla carena, adesso. La sfiorano, ci giocano. Ci inseguono, ci fanno strada. Ci mostrano le traiettorie.
Sembrano mettersi in posa per lo scatto migliore, il click che porteremo a casa, la stampa che colorerà la nostra stanza. Da guardare con infinita tenerezza per quello che un tempo eravamo: delfini. Da accarezzare con la mano fredda sul muro e sentire il fresco della vita, la pulizia dell’andare, l’innocenza di esistere: delfini.
La pinna sale e scende nel blu, forma infinite bollicine al suo annegare in apnea prima di risalire ansiosa in superficie come a dire “Ci sono”.
Mi prude la schiena: speriamo mi sia nata una pinna. Come dire: ali d’angelo.
(Tommaso Chimenti)