Non sono certo andato ad Amsterdam per assistere appositamente allo show di Evan Dando, biondo da copertina delle riviste di moda e indie rocker per noia esistenziale. Avendo scoperto in loco che il concerto poteva rientrare nella mia tre giorni olandese, non mi sono certo fatto mancare l’occasione di assistere all’anteprima del tour europeo di presentazione del nuovo lavoro dei Lemonheads (recensione sottostante). Due i motivi fondamentali, visitare il Paradiso: vero e proprio tempio della scena indie fiamminga, due la totale venerazione che nutro per i grandi classici delle teste di limone. Qualche punto di sfavore non manca mai nella mia vita…ed eccone due: il prezzo assolutamente impopolare (28 euro per un solo set) e l’orario balordo della performance (ore 19.00). La visita al locale però ripaga totalmente però, hall meravigliosa dall’acustica perfetta. basta un paio di microfoni per rendere il suono così caldo ed avvolgente da rendere la performance coinvolgente al 100%. Il nostro si presenta on stage puntualissimo, e come al solito motivato a zero. Anche il pubblico è pronto però, tutti seduti ai tavolini e sbadiglianti come facoceri armeni. Dovremmo aspettare una buona mezzora prima di sentire il nostro parlare tra un pezzo e l’altro, dicendo per altro frasi senza capo né coda come: “Ho mangiato uno sneaker e ho scoperto che fa strani effetti”. Lo show decolla con All my Life, ballata retrospettiva tratta dal suo primo capitolo solista Baby I’m Bored. Si prosegue con Big Great No, cantata a gran voce da tutto il pubblico. Provo a urlare la mia richiesta a mezzo tono, Evan mi guarda come fossi pazzo, ma poi annuisce e mi suona la mia Hard-Drive, un pezzo così bello da farmi rabbrividire in ogni situazione meterologica. Poi spazio anche a My Idea, seguita a ruota da Come to the End e Big Gay Heart, quasi a mischiare le carte tra la carriera solista e il percorso dei Lemonheads. Poi, finalmente, spazio alle Varshons, ossia i riadattamenti che popolano l’ultimo disco della band: la scherzosa Layin Up With Linda di GG Allen; la crepuscolare Fragile dei Wire e I just can’t take it anymore di Gram Parson. Si chiude in pompa magna con una sfilza di classici che soddisfano le richieste di tutti i presenti: Shame about Ray, Ride With Me, Stove, Into your Arms e Big Part in Your Life, con tutto il pubblico che doppia la voce del ritornello con stonature multi-forma alla Wolfango che riescono persino a strappare un sorriso al nostro protagonista. Si chiude con una plateale Into Your Arms, poi si accendono le luci e parte la musica, era chiaro da subito: niente bis.
(Tum)