Dopo il compagno d’avventure Khan, approda a Roma anche il Sultano Mark con la sua raffica punkizzata di ronck’n’roll anni ’50. Arriviamo purtroppo tardi per assistere al tributo country di Blues Against The Youth, ma in tempo per quello dei The Grannies. Formazione composta da quattro elementi che mescolano egregiamente un rock’n’roll d’annata, per intenderci quello dei Comets di Haley, l’aggressivo blues degli shouters, ribelli come Howling Wolf e Joe Turner, a un punk frenetico. Un American Graffiti velocizzato. Buoni davvero alcuni pezzi, peccato solo che la forma sia all’ingrasso e la sostanza a elemosinare. Si respira un’altra aria con i Capputtini’i Lignu. Duo blues garage ridotto all’osso. Un lui francese alla chitarra e alla grancassa e una lei siciliana alla chitarra. Due voci che cozzano tra loro in modo ammaliante e schitarrate sporche di grasso colante. Il connubio funziona alla meraviglia e conquista tutti con la concessione di un bis che ci ha lasciato a sbavare per tutto il club. È dunque il momento di Mark che sale un poco spavaldo e un poco infastidito. Pigia sull’acceleratore e frena bruscamente su pezzi ormai classici come Waddlin’ Around suonati con king khan. Si uniscono poi a lui un bassista e un altro chitarrista e scudisciando gli strumenti il rock’n’roll s’inzuppa d’uno space noise che fa vibrare le nostre pareti auricolari. A dire il vero forse ci si aspettava qualcosa di più dal sultano più famoso del Canada, forse più energia perché a tratti il concerto pare un poco moscio e sembra che faccia difficoltà a salire. Certo la qualità rimane alta e indiscussa, ma stasera il nostro regnante ha reso omaggio più a Shiva che alla terribile kali.
(Tommaso Floris)