Partenza da Orio al Serio il 7/12 ritorno da Oslo Torp il 8/12
Rischio coda in tangenziale (il concerto è perso!)
AereoBUS, bello comodo!
Opel corsa nera in direzione Oslo Zetrum ( 1 ora ammezza sulla E 18 tra fiordi e fattorie)
Giant Burger dal benzinaio di Hammerville ( all’aperto con Bacon fritto di rigore!!)
Ore 15 il sole tramonta…i disagi del nord non placano la nostra sete di birra.
Ore 16.15 arrivo all’ Anker Hotel, collasso a letto mentre il mio cognonimo amico esce a cercare vinili introvabili ( in ogni senso).
Ore 19 (per la cena al ristorante sarebbe anche tardi) Cena in un fast food Greco con divani in pelle a lume di candela con Lorenzo, per dare l’impressione di essere Gay e non dar pensieri alla mia ragazza.
Il piatto è pronto: mangio salsicce piccanti ( simboli fallici dal gusto mefitico) ricoperti di salsa all’aglio. Voglio essere inavvicinabili perché Oslo è piena di brutte ragazze metallare.
Thè alla pasticceria Eritrea emanando rutti e sfiati degni di un cesso pubblico a Bagdad.
Ore 21.05 siamo in coda al Rockefeller. Davanti a noi 50 persone. A un isolato 500 ragazzini fanno la fila ordinata per andare al Sentrum a sentire quel malandrino di 50 cent.
“Se le ragazzine si vestissero in modo così succinto in Italia…lo stupro sarebbe socialmente tollerato”. L’ho detto o l’ho pensato??!?
Ore 21.30 “Ma che cazzo di posto è mai questo. Un locale per concerti con il bancomat!
Ore 22.30 Si accendono le luci e la band inizia a martellare per oltre 2 ore senza una sosta.
I Motorpsycho entrano in scena con un essenziale set a 3, scelta che rispecchia l’intento di ritorno alle origini ruvide dei primi dischi. Quel suono bastardo che ha coperto la loro succulente discografia fino a “Blissard” (1998) per intenderci. Eccoli di nuovo in scena per un’occasione atipica, lontana dai dettami di promozione. Ovviamente lasciando alle spalle il guizzo geniale del produttore live Death Prod (Jaga Jazzist). Sull’onda di un disco deciso come l’ultimo “Black hole /Black Canvas” ci attende un set live al fulmicotone, senza tregua, senza fronzoli o devizioni sperimentali: R – O – C – K!
Il gruppo ha preso coscienza della deriva nei meandri del Jazz e ha scelto di ritornare alla spontaneità delle schitarrate/frustate sprizzanti rabbia e sudore. Svolta doverosa ma coerente; ardua ma appagante al 100%. Eccoli in madrepatria, faccia a faccia con un pubblico in fiamme, che accoglie i propri beniamini con urla da orchi e ripetuti lanci di birre tra la folla.
Il barbutissimo Snah alla chitarra delirante e un ingrassatello Bent al basso violentato.
Ad accompagnare il former-duo c’è un nuovo batterista, rispetto al set dell’ultimo tour. Nettamente più capace del suo predecessore. Inutile dire che per dare il tempo alle cavalcate svarionate, il nostro, è costretto a denudarsi alla 2 canzone, in un lago di sudore e con gli occhi pallati dall’agonia. Si parte con “No Evil”. Un impatto assordante che mette in risalto le chitarre e le profondità abissali dei bassi, penalizzando indegnamente la voce di Bent per la prima mezz’ora di concerto. Ci pensano le chitarre ad urlare per oltre 30 minuti in un brano inedito, un trip allucinante che concede alle note il pregio di assorbire il colore e dilatarlo verso l’infinito. Spazio ai grandi classici STG, Vortex Surfer e la stravolta Serpentine. Unica noticina di demerito dell’intero set, che supera le 2 ore di frastuono. Per il resto, un vero e proprio viaggio-sonda all’epicentro del Rock. Un delirio animale garantito con orgasmi a raffica per i patiti della sei corde. Senza fronzoli, senza altri aggettivi. BAM! Un suono che ti capotta.
Di ritorno a Torp, in macchina alle 9 del mattino il sole artico punta dritto agli occhi, qualcuno biascica un netto: “ne è valsa la pena”.Click! (Senza flash). Foto sfocata ma con un suo perché…O almeno: “a me piace così”.
Set list (dopo la quinta birra facevo fatica ad azzeccare i titoli):
No Evol
Neverland
nuovo brano inedito (un delirio psych di oltre 30 minuti)
STG
Vortex Surfer (classicone!)
Serpentine (versione alternativa, nemmeno troppo bella)
Sancho sail
Sail on
You lose
Kill devil hills (recente tomentone)
Upstair downstair
Sparks/ undertour (who)
Kill devil hills
Psychonaut (traccia 1 dell’infettivo Trust Us)
Into the sun
Dopo pochi minuti rientrano in scena (pubblico in delirio, volano birre dagli spalti):
Mantrick Muffin Stomp (un viaggio senza ritorno)
Hyena
You lied (se preferite Walking on the water, un mio vecchio amore)
Black to comm & not fade away
(Tum)
Ps. La venerazione che ho per i M. mi porta a essere poco credibile.
Spero che questo report non sia una semplice sega per fanatici, ma un’occasione in più per riscoprire il suono del power trio più rock dell’universo!