Nutro grandi aspettative per il concerto dei Fiery Furnaces, e non solo perché spero in una fugace visione di Alex Kapranos in camicia arancione e occhiali wayfarer, impeccabile as usual. La cantante del gruppo è Eleanor Friedberger, che dal 2004 fa coppia fissa con il cantante dei Franz Ferdinand. Molta della fama dei Fiery Furnaces deriva da loro, per questo non mancano di omaggiarli scrivendo sulla grancassa della batteria un’inequivocabile “Fromz Ferdamand – live tonight”. L’asse portante della band è però Matthew Friedberger, fratello di Eleanor che scrive sia la musica che i testi. I Fiery Furnaces sono tra quelle poche band che ridanno un senso all’indie-rock, estranei a quel circuito che riproduce serialmente, come tante zuppe Campbell, The Next Big Thing. Cinque cd in cinque anni, tutti bellissimi, strani ma affascinanti, sperimentali e poetici. Attualmente sono impegnati nel tour di promozione del loro ultimo lavoro, Widow City.
La location di stasera è adatta al concerto. Il Gebäude 9 è una sorta di ex-centro sociale composto da moltissimi edifici la maggior parte abbandonati e lasciati lì a morire lentamente. Eppure si sente ancora una certa atmosfera da fine anni 70 che parla di punk arrabbiati e di eroina. Il locale è molto piccolo, illuminato da vecchi lampadari a gocce, il mobilio è tarlato e risale al dopoguerra. Ma l’atmosfera è distesa e si è lontani mille miglia dal chiasso di plastica del centro città.
Quando arrivo la band di supporto sta già suonando il quarto brano in scaletta, Peppin’ up your life, ed il sound è inequivocabilmente quello dei Beatles. A seguire Prison Song e lo spirito di John Lennon galleggia nell’aria. La canzona successiva inizia con un lisergico “show me your personal Sgt. Pepper”. Chiedo ad una ragazza magrissima vicino a me come si chiama l’artista. Mi dice che è Franz Kasper, un polistrumentista tedesco che viene dalla scuola jazz. Sul palco suona con nonchalance chitarra, basso, tastiera, armonica. Se gli avessero dato un’altra mezz’oretta avrebbe suonato anche il lampadario, credo.
Ma è ora della Fornace Ardente. Entra Matthew, che l’aria da fratellone ce l’ha proprio, gentilissimo e timido quanto geniale. Si accomoda al suono posto, sotto le mani ha il synth, tastiere e Hammond e prima di iniziare ci avverte che sua sorella “is a little bit sick” e quindi vuole che la incoraggiamo. Parte l’inconfondibile intro di Philadelphia Grand Jury, il grand-opening da 7 minuti e mezzo del nuovo album, e poi al momento giusto entra Eleanor, bellissima e fragile. Uno scricciolo praticamente, ma con una voce solida e calda. Se il fratello ci mette il genio lei ci mette il carisma e la dolcezza di una Patty Smith, e la seduzione e il distacco di Nico.
Da Widow City suonano My egyptian grammar, Navy Nurse, Ex-Guru e Japanese Sleepers: il pop barocco dei fratelli riecheggia nella sala ed il pubblico è estasiato da questi suoni elaborati, riarrangiati, scomposti e riassemblati. Da una loro canzone se ne potrebbero ricavare altre tre o quattro. La parte ritmica della band è potentissima, il batterista batte violentamenti sulle pelli, il bassista è un portento tanto da non far sentire la mancanza di una chitarra elettrica sul palco. Sull’altro lato del palco, quel matto di Matthew sembra una piovra, con due mani sull’Hammod, una sul synth e altre due sulla tastiera. E poi Eleanor con la sua voce da raccontastorie. Sono strani i Fiery Furnaces ma riescono a rapirti e portarti nel loro mondo, come ad esempio riescono benissimo in Rehearsing My choir, basata sui racconti della loro nonna. Ogni canzone è sconquassata dalla precisa volontà di far perdere le proprie tracce, di confondere per il gusto di farlo. Finiscono con Clear Signal from Cairo, 6 minuti e 10 di pura potenza sonora, tra Frank Zappa e Beatles. Io li ho amati, fatelo anche voi.
(Laura Fontana)