Klaxons + Mojomatics – Bologna 10/03/07 @Estragon

Fuori dall’Estragon. un leggero fresco, una lunga fila al botteghino e tanti giovani indie-ribelli-che nuova moda c’è in circolazione? con tanti glowsticks appesi al collo o ai polsi. Klaxons, ultima frontiera, ovviamente straniera, ovviamente britannica. Allegria in fondo, io e il mio gruppetto siamo carichi e non vediamo l’ora di entrare dentro. Dentro l’Estragon. Mega iper capannone con un alto soffitto. Dov’è finito quel piccolo, accogliente club? Ora è uno spazio adatto ad ospitare concerti di questo tipo e oltretutto si respira e bla bla bla. Fatto stà che quando entriamo i Mojomatics hanno già iniziato a darci dentro. Il duo apre stasera ai Klaxons, mica pizza e fichi, e prossimamente lo farà per gli Arctic Monkeys, speriamo presto di vedere un gruppo inglese aprire un live dei Mojo penso io, comunque ci fiondiamo in mezzo alla folla per unirci alle danze e via con un rumble ramble blues, uno sferragliante blues schizzato di rock’n roll, punk e folk che geme vittime pezzo dopo pezzo. Infatti quasi tutti ballano, si muovono, saltano, insomma ognuno s’esprime a modo suo. Quando lo vorrà capire certa gente e soprattutto certi critici cazzoni di finti-giornali di musica spazzatura che in Italia esistono tante realtà musicali di ottimo livello, gruppi con i controcoglioni come The Rippers, The Intellectuals, Cactus che stanno rinnovando i generi con personalità e originalità, band che sono più conosciute all’estero che qui da noi, chissà perchè… I Mojomatics sono una delle band migliori in circolazione se non adirittura la migliore, in fin dei conti non ci vuole tanto ad andare a curiosare dietro l’angolo. Comunque sono nel mucchio e mi sbatto a destra e manca e alla fine dello show dei Mojo, come sempre al cardiopalma, continuo a chiedermi perchè non sono stati gli albionici ad aprire, sempre con tutto il rispetto per questi…
Da Atlantide verso l’Interzona. Il passaggio non è così semplice come si potrebbe presupporre. All’Estragon tra gli indie kids e non solo, c’è grande attesa per i Klaxons. In molti sono venuti a verificare se l’hype che li circonda è giustificato o se è la solita fregatura. Il dubbio mi attanaglia.
Mi posiziono in transenna centrale aspettando un’entrata in grande stile new rave dei tre componenti della band (Simon, James e Jamie, poi spunta anche il batterista che non compare però negli ultimi video, Steffàno), con raggi laser verde fluo, neon psichedelici e alieni rosa smoking che vomitano acido. Invece mi ritrovo il chitarrista con il giubbino fregato al benzinaio dell’Agip, un tastierista sbarbo e bassista con felpona grigio topo. Dunque nessuno sfoggio di autoironia, come nei loro video. Qui, dio mio, sembrano seri!
Partono con The Bouncer e il pogo violento del pubblico mi fa riprendere dallo shock. Con Atlantis to Interzone (citazione da William Burroughs) invece mi sciolgo anche io; sotto il palco si balla, si suda e si urla senza sosta. I Klaxons quindi mantengono quello che promettono, tutte le canzoni ti costringono a ballare mentre l’atmosfera si fa elettrica ed il caldo quasi insopportabile. Quando il synth di James attacca l’intro di Magik l’Estragon esplode in un boato, eccitato anche dallo “stop” e “ripartenza” di metà canzone. La reazione non cambia con It’s not over yet e Two receivers. Stranamente l’unica canzone che non rende dal vivo così come nel cd è Golden skans, ma forse è solo la mia fervida immaginazione che si aspettava lo stesso effetto del cd, di viaggio intergalattico in un tripudio di melodie filanti e scie luminose di pulviscolo pop. Insomma m’è suonata più come indie che strizza l’occhio al pop degli Scissor sisters che new rave.
Ma non si possono certo criticare questi tre figlioli così giovani, in fin dei conti il loro Lp “Myths Of The Near Future” (citazione da J.G. Ballard) spacca di brutto, e hanno inventato se non un genere almeno un movimento, che non ha copiato nessuna moda ma se l’è creata da sola e non è di certo poco considerando che ora se la ride alle spalle di molti. Il set è stato veloce, rabbioso ed adrenalinico, l’esecuzione quasi ineccepibile, peccato sia durato solo 40 minuti.

(Tommaso Floris e Laura Fontana)