Tornano gli Amari al Circolo per ribadire ancora una volta cosa significhi oggi essere creativi. I cinque colori, insomma questi cinque cazzoni friulani dimostrano sul palco che oltre al disco c’è molto di più, per esempio energia, desiderio di far emozionare e coinvolgere. La scenografia è semplice, ma efficace, delle luci al neon di diversi colori sono sistemate sul palco e insieme al fumo creano un’atmosfera psichedelica e magica. Gli Amari si danno un gran da fare, s’avvicendano con gli strumenti, ballano e scherzano spesso col pubblico. Fremiamo nell’attesa di sentire “Bolognina Revolution”, una canzone che sin dal primo ascolto è diventata per noi un piccolo-grande inno electro pop. Finalmente arriva e scopriamo che non eravamo i soli ad aspettarla, tutti sono contagiati da questo sound irresistibile, frutto di un perfetto connubio tra il classico (battisti-mogol) e il moderno. Oltre a dei simpatici siparietti con degli strumenti giocattolo, come dei campanellini di diversi colori (quelli degli Amari) che producono ognuna una tonalità differente, c’è un sampling selvaggio, c’è eleganza e attitudine rock, ci sono delle liriche impregnate di un vissuto personale che mai risulta scontato o autoreferenziale. C’è “Campo Minato” che tira il cavallo per le briglie e accelera i nostri battiti senza allentare la tensione. Alcuni di loro si siedono e suonano completamente trasportati come se fossero attorno ad un falò. Nella scaletta la band ci piazza pure una bella cover degli Smith che ci lascia di sasso. Arriva per chiudere “Conoscere Gente Sul Treno” ed è la festa/delirio. L’incedere ballabile e potente degli LCD Soundsystem è il metro di paragone più adatto per descrivere questo pezzo che ci manda fuori controllo. Mi giro per vedere se qualche pazzoide è rimasto impassibile tra la folla, ma tutti si muovono. I beat elettronici non spocchiosi, le linee semplici che disegnano le chitarre, un suono scarno e allo stesso tempo complesso, tutto ciò è un’ondata d’aria fresca per la musica italiana e con sicurezza posso affermare che la parola banalità è un vocabolo che non rientra nel dizionario degli Amari.
(Tommaso Floris)