Intro:
Il libretto coi testi delle canzoni viene distribuito in sala.
Siamo in tre e esclamiamo in stretta sequenza:
– “come a teatro!”
– “come in chiesa!”
– “come all’opera!”
Cominciamo bene…
In realtà ci sembra un segno originale di benvenuto, peccato che non riusciremo a leggerlo perché in sala è buio pesto.
Offlaga Disco Pax – Custodi della memoria collettiva
Gli Offlaga ci insegnano che la democrazia nei sentimenti non esiste.
Ma questo lo sapevamo giá.
Discendenti diretti dei Massimo Volume, per i loro testi raffinati e originali. Figli del punk italiano dei CCCP, ma meno rabbiosi e più lucidi, gli Offlaga Disco Pax raccontano come sia impossibile, e soprattutto inutile, scardinare i miti e le ideologie dal percorso personale di un popolo e come questi siano radicati fortemente nella sua cultura. Come la rimozione sfrontata del passato, delle sue ingenuità e delle sue brutture, abbia solamente aperto la strada a “nuove ferite della modernità occidentale”.
La scaletta del concerto segue strettamente l’ordine del CD fino a Cinnamon per “cinque quarti d’ora di musica”, come promesso dal cantante.
L’acustica del locale non é fra le migliori e non rende giustizia al cantato-parlato di Max.
La sua faccia, in compenso – di un’espressività quasi allucinata – parla ancor piú delle sue canzoni.
Il concerto si snoda idealmente lungo due filoni: quello sentimental-personale legato alla storia privata di ognuno, e quello sentimental-popolare legato alla memoria collettiva dei luoghi e dei simboli.
Le canzoni del primo gruppo esercitano su di me un potere dolcemente evocativo e nostalgico.
E allora ecco Kappler, Enver, Khmer Rossa e Cinnamon. Sebbene non ricordi l’esame di seconda elementare (sono troppo giovane), ricordo perfettamente le chewingum Centerfresh col ripieno morbido che mia madre aveva spesso nella borsa quando ero piccola. Come ricordo il “ritorno” delle Cinnamon, per opera di una nota marca di gomme da masticare. C’è un sacco di gente mediamente più giovane di me e mi fa piacere che, in qualche maniera, queste memorie abbiano raggiunto anche loro.
Certo che Khmer Rossa senza traduzione simultanea è tutta un’altra cosa e perde gran parte del suo spirito marziale…
Alcune canzoni sono legate a dei gadgets che l’accompagnano sul palco: allora, ecco piovere le gomme alla cannella, ed ecco tre confezioni di biscotti Tatranky impilati sulla sedia e, sulla cui sommità, troneggiano i pupazzi della Talpa dei cartoni animati Boemi.
Max sfoglia i vinili anni ’80 e mi torna alla memoria che da qualche parte anche io custodisco gelosamente un paio di 45 giri di Al Bano e Romina!
Piccolapietroburgo e Tatranky sono quei pezzi sentimental-popolari che avevo sempre lasciato distrattamente indietro e oggi mi appaiono – chissà perché – più belli e significativi che mai.
Finalmente è il momento di Tono metallico standard. Vivo per questo momento, per sentire: “ma io lo so chi è Mark Lanegan!” e anche il resto della gente intorno, a giudicare da quanto si urla.
Qualche momento di stanca forse in alcuni pezzi ma Robespierre, che arriva a concludere la sequenza, trova tutti d’accordo nell’entusiasmo delle danze.
Il concerto si chiude con un extra fuori programma, un inedito che si intitola Cioccolato IACP; un racconto amaro – di droga ed emarginazione – in un qualunque agglomerato di case popolari degli anni ‘80.
(E finalmente si svela, per molti, il mistero del Toblerone…)
Il cantante è commosso e la gente trattiene il fiato.
Non ci sono sconti sulla crudezza delle immagini, sulla descrizione di luoghi e personaggi, nemmeno per chi canta, e forse questo è il vero potere evocativo del gruppo.
Ogni storia raccontata è un’immagine lucida, spessissimo amara, ma sempre condita da quella sottile ironia che riesce a strappare un sorriso laddove non sembrava possibile.
Accade allora che Kappler ci riporti alla mente almeno uno dei nostri professori della scuola superiore; che Robespierre ci ricordi le nostre insurrezioni scolastiche e che Cioccolato IACP ci faccia ricordare almeno uno degli amici del campetto passato “direttamente all’eroina alla faccia delle droghe leggere”.
La memoria degli Offlaga è la nostra memoria collettiva.
Mi spiace solo di aver scoperto tardi questo gruppo.
Il loro album, a mio avviso, resta uno dei più acuti e intelligenti del 2005.
Ogni tempo ha la sue ideologie e le sue dittature: culturali, politiche, economiche quali che siano.
Le ideologie crollano ma i simboli restano, a raccontarci che i sentimenti sono la vera nostalgia del passato. Questo è il tempo del comunismo privato, del socialismo tascabile in cui non c’è posto per la democrazia nei sentimenti.
“Tutto il resto è desistenza.”
(Federica U)