In una fresca serata estiva qualcosa mi balenò nella mente. Due live entrambi grandiosi, un unico problema: uno da una parte e uno dall’altra. The Rippers e Sikitikis che si fronteggiano in singolar tenzone. Chi tradire? Chi premiare? Il pubblico aveva già scelto da un pezzo e io mi davo manforte nel fatto che avevo assistito ad uno show dei Rippers due settimane fa. Una folla, come quelle che raramente si vedono, aveva invaso la spiaggia e aspettava fremente i Tiki, del resto anch’io non vedevo l’ora di ballare il surf coi cinque sardi. I Mellon bank, che hanno aperto il concerto, volano via senza destare la minima attenzione e al loro posto seguono a ruota i favoriti di Casacci. Bandiera dei quattro mori che sventola sul palco, un rituale della band, forse una sorta di amuleto. Parte “Non avrei mai” e noi con lei, gente che balla a destra e manca, reggiseni e mutande che fluttuano nell’aria e Diablo è più scatenato che mai e tra un pezzo e l’altro ci tiene a rimarcare l’assenza del basso e la gratitudine dovuta al Corto Maltese che propone queste serate su lungo mare. Ci s’accorge subito, al primo ascolto, del desiderio da parte del quintetto di creare qualcosa di nuovo. Le ispirazioni della band sono più che chiare, il clima e i ritmi dei poliziotteschi anni 70, lo stoner, il garage, il surf e altro ancora. Il live prosegue con “Amore nucleare”, “Milano odia: la polizia non può sparare” e “Metti un tigre nel doppio brodo”. Il pubblico canta a squarciagola tutte le canzoni, comprese quelle non presenti nell’album, esaltato ed eccitato si muove per tutta la durata del live, circa un’oretta, e ne sono certo, alla fine della serata ringrazierà qualche Dio particolare per avergli offerto un tale divertimento. Lo ammetto tenacemente: siamo tutti figli del Tiki e Cagliari è il nostro deserto.
(Tommaso Floris)